«Do you believe in miracles? Yes!...» Al Michael, voce principe della Abc, non credeva ai propri occhi e l'America alle proprie orecchie. Un manipolo di studentelli stava mettendo in ginocchio un'astronave di alieni e il muro di Berlino cominciava a sgretolarsi: «Undici secondi, vi restano dieci secondi, stanno contando alla rovescia in questo momento... Morrow passa a Silk, restano cinque secondi di gioco! Credete nei miracoli? Si!...». Stati Uniti contro Unione Sovietica, Giochi olimpici di Lake Placid 1980, una guerra fredda combattuta sul ghiaccio, da una parte una squadra di nerds, gli americani, universitari, quasi tutti dilettanti, sbarbatissimi; dall'altra il team più forte del mondo, superuomini come Vladislav Tretiak, Viacheslav Fetisov, Boris Mikhailov, un All Stars campione da sette olimpiadi consecutive. L'Urss poteva solo vincere come Ivan Drago con Rocky a meno che, scriveva il Times, «il ghiaccio non si sciolga». Vinse l'America invece, grazie a un gol decisivo di Mike Eruzione, cognato di Giorgio Chinaglia, la vittoria diventò un film, Miracolo su ghiaccio, l'impresa patrimonio di una nazione. Ieri si sono viste le stesse scene. L'America che vince, ma stavolta in casa del nemico, Giochi di Sochi, al Bolshoy Ice Dome, la partita che finisce ai rigori, ottava serie, dopo uno zero a zero più unico che raro (anche se i russi sono visti annullare un gol di Tiutin nel finale dei tempi regolamentari): trentaquattro anni fa c'era in palio l'oro, stavolta solo il superamento del girone qualificatorio. Ma il valore simbolico è sempre quello. C'era Putin però.
Nell'intervallo ha abbracciato, nel 25mo anniversario della fine della guerra in Afghanistan, un veterano del conflitto. Fuori dalla stadio tifosi americani e russi posavano insieme in mille selfie d'amicizia. Un miracolo soltanto trentaquattro anni fa.Gli Usa in Russia rivincono la guerra fredda
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