Quando lo scorso 6 dicembre Standard&Poors aveva sventolato sotto il naso della Francia la minaccia di un taglio alla tripla A, i mercati se ne erano infischiati. Ad appena una settimana di distanza, ieri le Borse si sono letteralmente afflosciate alle voci di un declassamento ormai in arrivo del rating francese. Due reazioni antitetiche che hanno una sola spiegazione, perfino elementare: il deludente vertice Ue dello scorso fine settimana, un autentico falò delle velleità di rapida risoluzione della crisi. Perfino Angela Merkel, che ha portato a casa da Bruxelles quanto desiderato (lunione fiscale) senza concedere nulla sullampliamento dei poteri Bce e sugli Eurobond, ha sentenziato ieri che per uscire da questo cul de sac «ci vorranno anni». Non molto incoraggiante per i mercati. Consapevoli che, come diceva Keynes, «nel lungo termine saremo tutti morti».
Il presente è invece gramo. Borse a fondo, con il raggelante -3,3% a Parigi, seguita quasi a ruota da Milano -2,8%, poi da Francoforte e Madrid (-1,7%). Un balletto ribassista cui non ha mancato di partecipare anche Wall Street (-1% a unora dalla chiusura), ancora scossa dalle parole pronunciate laltra sera dal capo della Fed, Ben Bernanke, sui rischi che ancora permangono sulla crescita Usa. Oltre ai rumor sul downgrade francese, cè però chi ha messo in relazione i sommovimenti dei listini azionari anche con il pessimo esito dellasta di ieri dei Btp a cinque anni. Non tanto sotto il profilo della domanda, che ha anzi superato lofferta di tre miliardi di euro (fenomeno non trascurabile in un momento di scarsa liquidità), quanto piuttosto per i rendimenti che sono schizzati al 6,47%, un picco mai più toccato dal giugno 1997. Nonostante le misure draconiane varate dal governo Monti, che hanno ricevuto il plauso della Merkel («LItalia sta facendo i suoi compiti, il pareggio di bilancio è più vicino»), lesclation continua.
Tuttavia, dice un trader, il risultato dellasta non è poi così negativo «se si considera che martedì, sul mercato secondario, questo Btp oscillava intorno al 6,77% e che a fine novembre il rendimento sulla scadenza quinquennale orbitava in area 7,6%». Accontentiamoci del bicchiere mezzo pieno, insomma. Anche se gli spread continuano a scottare: a quota 487 ieri (con tassi sul decennale al 7%), oltre 20 punti sopra rispetto allo scorso 12 dicembre, giorno in cui Moodys aveva bocciato le misure prese dal summit Ue.
Con lasta di ieri si è comunque chiuso il piano di emissioni 2011 del Tesoro, e ora il mercato guarda alle aste di fine dicembre che segneranno linizio del programma 2012. Anche lattenzione della Germania sarà concentrata sui collocamenti italiani. «Se la crisi delleuro non peggiora e se lItalia riuscirà ancora a finanziarsi sul mercato dei capitali, per la Germania sarà possibile evitare la recessione», è spiegato nellultimo rapporto Ifo (listituto di ricerca economica di Monaco di Baviera), in cui si stima una crescita del Pil tedesco dello 0,2% lanno prossimo contro il 3% di questanno. Il previsto stallo economico della Germania è lo specchio di unEuropa che flirta con la recessione. E non sarà certo il deprezzamento delleuro, scivolato ieri sotto gli 1,30 dollari per la prima volta da gennaio, a risolvere la situazione. Se la svalutazione ha effetti benefici sulle esportazioni, dallaltra parte rende più costoso importare materie prime, a cominciare dai prodotti energetici. Con riflessi indesiderati (soprattutto per la Bce) sullinflazione.
Sarebbero dunque necessarie quelle misure tenute ai margini del vertice di Bruxelles. Magari assegnando più cartucce al futuro fondo salva-Stati europeo. La Merkel però si oppone: «la dotazione - ha detto ieri - è e resta quella appena concordata al vertice Ue della scorsa settimana: 500 miliardi di euro».
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