Europa, ma quanto ci costi: un rosso da 30 miliardi di euro

L’Italia dà molto più di quanto riceve. Con l’allargamento a Est raddoppiati gli oneri. Su Bucarest pioggia di euro: in 7 anni elargiti 32 miliardi. Castelli: "Il Sud non utilizza gli aiuti"

Europa, ma quanto ci costi: 
un rosso da 30 miliardi di euro

Milano - Un fiume di euro scorre ogni anno dall’Italia agli ingranaggi dell’Unione, attraversa i confini dei 27 Stati membri con la promessa di tornare sotto forma di fondi per la crescita e l’occupazione, aiuti per lo sviluppo agricolo, sostegno alle imprese nazionali. La realtà, però, è un’altra. A conti fatti, il nostro Paese resta «un contribuente netto» del gigante di Bruxelles, avendo versato negli ultimi sei anni di programmazione comunitaria addirittura 22 miliardi di euro in più rispetto a quello che ha ottenuto. Che arrivano a 30,2 miliardi a partire dal 1995.

Pozzo senza fondo
Crescono dunque a tassi esponenziali le quote di partecipazione dell’Italia al bilancio delle istituzioni europee, di contro diminuisce il «peso» dei flussi in senso inverso, cioè diretti alle casse di via XX Settembre. Denuncia la corte dei Conti: «Il rapporto finanziario tra l’Italia e l’Unione europea ha subito una significativa trasformazione durante il periodo 2000-2006, anche per ciò che concerne i residui impegni e pagamenti, mentre si avvia il nuovo settennio» con scadenza 2013. La serie storica dei documenti contabili certifica l’entità di tale saldo negativo. La differenza tra le risorse messe a disposizione e quelle accreditate dall’Ue è balzata infatti a 8,2 miliardi di euro nell’ultimo biennio di riferimento, con un aumento pari al 46,28% sul biennio precedente, record da 14 anni a questa parte. Mario Canzio, ragioniere generale dello Stato, attribuisce simili numeri da panico «alle conseguenze dello sforzo finanziario che l’Unione ha affrontato e affronta ancora oggi per l’allargamento prima a 25 e poi a 27 Stati membri». Pur sottolineando che «le opportunità derivanti dalla maggiore integrazione tra gli Stati in termini di sicurezza e pace tra gli europei, di maggiori scambi economici e culturali sono senz’altro superiori ai costi». Intanto i versamenti italiani al bilancio comunitario sono cresciuti del 27 per cento in sette anni, fino a raggiungere quota 14 miliardi nel 2006. Appena dell’1 per cento, invece, l’incremento fatto registrare dai fondi europei giunti nelle nostre regioni. Risultato: una perdita media secca di 2,5 miliardi all’anno.

Un italiano a Bruxelles
Per le tasche del contribuente italico far parte del sogno europeo oggi vale almeno 370 euro all’anno. E nel futuro si prospettano altri sacrifici. Dopo l’ingresso di Romania e Bulgaria, sarà con ogni probabilità la volta dei Balcani. Sette Paesi pronti a saltare sul carro a dodici stelle: Croazia, ex Repubblica jugoslava di Macedonia - con buona pace dei vicini greci -, Albania, Bosnia-Erzegovina, Montenegro, Serbia e da ultimo il Kosovo indipendente. L’impegno economico per trainare le loro più o meno dissestate economie si traduce in 3,5 miliardi da qui al 2011. Il più mastodontico piano di investimenti che il continente ha mai sperimentato: si calcola così che su ogni cittadino balcanico pioveranno dal cielo 30 euro all’anno. Poi c’è «la mano» della Banca europea per gli investimenti, che ha deciso di elargire nell’area prestiti per 4,7 miliardi.

L’emorragia comunque non si ferma. A bilancio 2008, l’Unione ha fissato un tetto di spesa di 120,3 miliardi di euro, sarebbe a dire il 5,7 per cento in più rispetto al 2007, nonostante i ripetuti appelli al contenimento dei costi. La risorsa Rnl (cioè quella ottenuta tassando il prodotto nazionale lordo degli Stati aderenti) sale ancora e supera il 67 per cento del totale a disposizione. Sono aumentati pure gli esborsi per la gestione dei flussi migratori, gli aiuti alle zone «a rischio» (300 i milioni «donati» al governo palestinese) e ai Paesi in via di sviluppo. Soprattutto, oltre sette miliardi se ne vanno per sostenere la burocrazia delle istituzioni europee, si perdono nella babele delle 23 lingue parlate nei palazzi tra Bruxelles e Strasburgo.

Le occasioni sprecate
Tornando ai soldi recepiti dall’Italia, meno di 870 milioni sono andati al centro-nord e circa 3,3 miliardi di euro sono finiti alle regioni meridionali. E qui la colpa è nostra. La Sicilia ha «bruciato» 24 milioni di euro, la Campania più di 12, la Basilicata 2,5. E, solo quest’anno, in Calabria si sono verificati 86 casi di frodi e irregolarità sui fondi strutturali. In tutto, la cifra indebitamente sottratta in tutta Italia raggiunge i 300 milioni.

Senza dimenticare i quasi 175 milioni che ora dovremo restituire all’Europa per non aver rispettato le regole della politica agricola comunitaria (Pac) causa controlli inadeguati o insufficienti nella filiera produttiva. Un carico paragonabile alle odiate quote latte.

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