Caro Direttore Feltri,
vorrei chiederLe un parere sulla nuova iniziativa dell'Unione europea riguardo ai beni russi congelati. Da quanto leggo, Bruxelles intende mantenerli bloccati a tempo indeterminato e addirittura utilizzarli per sostenere militarmente Kiev e finanziare la futura ricostruzione dell'Ucraina. Mi riferisco a conti correnti, asset finanziari, riserve della Banca Centrale russa e capitali riconducibili allo Stato russo. Mi domando: è davvero legittimo usare i soldi di un altro Paese senza il suo consenso? Non si tratta, in pratica, di un esproprio? E soprattutto: una scelta del genere non rischia di far precipitare ancora di più il conflitto, proprio mentre si parla di negoziati e mentre il Presidente Trump sta tentando di favorire un percorso di pace?
Infine: qual è la posizione del governo italiano? Mi sembra che l'Italia non abbia mai ostacolato il rinnovo semestrale delle sanzioni, ma questa misura mi pare completamente diversa. La ringrazio se vorrà fare chiarezza su un tema che trovo pericoloso e inquietante.
Con stima,
Olga Ricci
Cara Olga,
finalmente qualcuno che pone la domanda giusta: che cosa sta facendo l'Unione europea? Bisogna chiamare questa proposta con il suo vero nome: furto, ossia appropriazione indebita di capitali esteri per fini politici.
Questo provvedimento non sarebbe una semplice misura economica o un rinnovo di sanzioni. Sarebbe una decisione senza precedenti che comporta la sottrazione di risorse riconducibili alla Banca Centrale russa e, indirettamente, ai cittadini russi. Al di là delle opinioni politiche sulla guerra in corso, le risorse finanziarie in questione non sono beni abbandonati, bensì fondi legalmente detenuti presso istituti europei e appartengono a un altro Stato sovrano, non a chi li ha sequestrati, diciamo anche congelati. La proposta di usare quei capitali per finanziare gli armamenti di Kiev e interventi di ricostruzione non trova alcun fondamento nel diritto internazionale. E questo deve essere specificato con chiarezza. Siamo di fronte a una deriva pericolosa, in cui l'Unione europea si sostituisce alle regole consuete e decide di impadronirsi della ricchezza, seppure ibernata, di un altro Paese per alimentare una causa politica. Questa operazione può essere definita con un termine forte ma pertinente, che ho già adoperato, lo ripeto: furto legalizzato.
Non sorprende quindi che la Russia, per bocca di Putin, abbia deciso di ricorrere alle vie legali e rivolgersi alle Nazioni unite contro quella che considera una violazione dei diritti sovrani. Qualcuno definisce questa reazione ritorsione, ma adire le vie legali non è ritorsivo, è legittimo. Se un governo straniero scegliesse di appropriarsi dei capitali degli italiani senza una base giuridica solida, sarebbe inevitabile la reazione di un qualunque Stato civile e rispettoso del diritto internazionale. La stessa cosa vale, in astratto, per la Russia.
Qui non si tratta più di sanzioni, ma di appropriazione indebita di capitali appartenenti a uno Stato sovrano. Non esiste alcuna norma che autorizzi Bruxelles a prendere i soldi di Mosca e a spenderli come vuole, magari per comprare armi o finanziare ricostruzioni future. È una follia giuridica prima ancora che politica. Ecco perché ritengo che faccia benissimo Putin, che si è appellato all'Onu: chiunque si vedesse sottrarre miliardi reagirebbe nello stesso modo. Non serve essere filosofi per capirlo, basterebbe essere onesti.
L'Unione europea, negli ultimi anni, ha dato prova di un talento straordinario nel complicare i conflitti invece di risolverli. E anche questa volta non fa eccezione. Proprio mentre Trump sta cercando, e va riconosciuto, di aprire un canale negoziale reale, Bruxelles decide di gettare benzina sul fuoco, dando a Mosca il pretesto perfetto per irrigidirsi ancora di più.
Complimenti: se c'era un modo per ostacolare un cessate il fuoco, l'Europa l'ha trovato.
C'è anche il rischio, concreto e grave, di escalation del conflitto. In un frangente nel quale Trump sta lavorando per mediare una possibile tregua e una soluzione di pace, la decisione europea di confiscare risorse russe rischia di essere non solo controproducente, ossia di precludere ogni apertura diplomatica, ma di estendere ulteriormente la guerra. Se l'accordo di pace venisse raggiunto, lo sarà non grazie alle scelte dell'Unione europea, che al dialogo negli ultimi anni ha mostrato ben poca attitudine, ma nonostante le sue continue disastrose interferenze.
Ed è qui che la posizione dell'Italia diventa fondamentale. Il nostro governo ha sempre mantenuto una linea chiara: sì alle sanzioni, no alle illegalità. Un conto è applicare misure concordate dal diritto internazionale, un altro conto è scassinare il portafogli altrui pretendendo di farlo in nome della giustizia. Già circola la cifra impressionante dei capitali russi congelati in Europa: oltre 200 miliardi di euro. Una montagna di denaro che Bruxelles vorrebbe usare come se fosse suo.
È un precedente devastante. Oggi tocca ai russi. Ok, e domani a chi? A chiunque non stia simpatico a qualche burocrate con la spilla blu sul bavero? L'Italia fa bene, e spero continui a farlo, a respingere l'idea di spendere soldi altrui come se fossero una mancia trovata sul pavimento. Difendere il diritto, anche quando riguarda un Paese ostile, significa difendere noi stessi. Per concludere, cara Olga: questa proposta non è solo ingiusta, è pericolosa, immorale e totalmente priva di logica diplomatica. Se un giorno Trump dovesse davvero riuscire a portare la pace, lo farà da eroe, essendo stato ostacolato proprio dall'Unione europea, che dovrebbe essere la più interessata alla tregua, la quale pone i bastoni tra le ruote e inasprisce le tensioni. Una Unione che da anni sembra impegnata soprattutto a sabotare qualunque soluzione realistica piuttosto che a costruire la pace.
E allora, più che congelare i soldi dei russi, suggerirei a Bruxelles di scongelare finalmente il cervello.
Siamo tutti stanchi. Sfiniti.