Europa

"Deriva imbarazzante". Ancora il velo islamico nelle comunicazioni ufficiali della Ue

Mentre in Iran le donne lottano per la libertà di non indossare il velo, l'Unione europea continua a utilizzare il velo come elemento di integrazione. Scoppia la polemica

"Imbarazzante deriva". Ancora il velo nelle comunicazioni ufficiali dell'Ue

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"Imbarazzante deriva". Ancora il velo nelle comunicazioni ufficiali dell'Ue

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Prosegue senza colpo ferire la strategia dell'Unione europea di utilizzare il velo islamico come strumento di integrazione e multiculturalità nella sua comunicazione. L'ultimo caso riguarda il Servizio diplomatico dell’Unione europea, che tramite il suo sito e i suoi profili social ha le celebrato il 75esimo anno dell'anniversario della dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, utilizzando come immagini grafiche e fotografie quelle di donne velate.

"È francamente sconcertante l’abitudine ormai consolidata dell’Unione Europea, delle sue istituzioni e dei suoi profili social di promuovere eventi e iniziative usando foto o rappresentazioni grafiche di donne con il velo islamico, utilizzandolo in chiave benevola e come simbolo positivo di inclusione", denuncia Silvia Sardone, eurodeputata della Lega, che da tempo denuncia questa pratica sconsiderata da parte delle istituzioni europee. Ma quello del Servizio diplomatico non è l'unico caso e non sarà nemmeno l'ultimo, considerando i precedenti e la direzione assunta dall'Europa.

Quanto si sta realizzando tra Bruxelles e Strasburgo, infatti, non può essere assunto come modello di inclusione ma, piuttosto, come un tentativo di sostituzione. L'inclusione esiste quando esiste il rispetto e il velo islamico, come è noto, non rispetta la dignità delle donne, in molti casi costrette a indossare quel simbolo religioso dall'autorità familiare maschile, nella più pura espressione del patriarcato che la sinistra tanto contesta, ma solo in certi ambiti.

"Recentemente i profili del Parlamento europeo, in occasione della quinta edizione della gioventù europea, hanno pubblicizzato l’evento sui social con numerose foto e video in cui si vedevano giovani ragazze con l’hijab o l’abaya (la tradizionale veste lunga tipica di alcuni paesi islamici)", prosegue Sardone nella sua nota, ricordando come, negli ultimi anni, si sia più volte dovuta occupare di questa deriva che non sembra conoscere tregua.

"Donne velate sono state usate per promuovere eventi come la Conferenza sul Futuro dell’Europa, per iniziative sulla gioventù del continente e tanti altri eventi. Trovo semplicemente indegno che mentre le donne iraniane lottano, rischiando la morte, per avere la libertà di non doversi sottomettere all’uso del velo islamico, l’Unione europea continua a sostenere un modello di oppressione delle donne", prosegue Sardone, che mette in evidenza l'ipocrisia della solidarietà di facciata delle istituzioni europee nei confronti delle donne iraniane, mentre in casa propria si assume il velo come simbolo di integrazione.

"È questo il modo in cui l’Europa 'ricorda' le tante ragazze, come la povera Saman, uccise perché volevano vivere libere di vestirsi all’occidentale o di avere frequentazioni non imposte? Continueremo a opporci contro questa imbarazzante deriva e contro questo messaggio sbagliato che smonta le battaglie di moltissime donne musulmane in moltissime aree del mondo", conclude l'eurodeputato.

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