Si intitola «Report sull'islamofobia europea» ed è realizzato ufficialmente per denunciare un presunto pericolo di islamofobia nel vecchio continente ma in realtà dietro il documento si nasconde un'intensa attività di lobbying da parte del mondo islamico. Lo scorso 19 dicembre è stata presentata in un evento online l'ultima edizione del rapporto curato da due professori universitari di nome Enes Bayrakli, capo del Dipartimento di Scienze Politiche e Relazioni Internazionali e direttore del Centro di Ricerca sulla Migrazione e l'Integrazione presso l'Università Turco-Tedesca di Istanbul, e Farid Hafez, professore associato di relazioni internazionali alla William and Mary di Williamsburg in Virginia.
Il rapporto è realizzato da una rete di Ong e istituti di ricerca tra cui Amed (Arab and Muslim Ethnicities and Diasporas studies), Islamophobia Research & Documentation Project, Leopold Weiss Institute ma, secondo il sito Middle East Forum, «viene pubblicato sotto il nome di un'organizzazione fittizia, presumibilmente per nascondere gli stretti legami del rapporto con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan».
Il cosiddetto Istituto Leopold Weiss «sembra essere un'organizzazione di facciata del governo turco» e il report «è stato originariamente lanciato nel 2015 dalla Fondazione per la Ricerca Politica, Economica e Sociale con sede ad Ankara. Noto anche come SETA, il think tank è stato a lungo ritenuto controllato dal governo turco e dal Partito Giustizia e Sviluppo (AKP) di Erdogan».
Il rapporto individua un curatore per ogni nazione europea ed è particolarmente interessante il caso italiano. Il capitolo sull'Italia è infatti scritto da Marta Panighel, ricercatrice all'Università di Torino che «studia il fascismo contemporaneo in Italia utilizzando una metodologia etnografica femminista». La Panighel fa inoltre parte della International Islamophobia Studies Research Association (IISRA) e, come emerge dal suo profilo Twitter, condivide i contenuti del movimento transfemminista Non una di meno (sarebbe interessante capire come si coniugano le rivendicazioni femministe con il ruolo della donna nella religione islamica).
Secondo la Panighel «anche nel 2024 l'islamofobia è un fenomeno diffuso in Italia, profondamente radicato nelle istituzioni, amplificato e normalizzato dal discorso politico e dalle narrazioni mediatiche». L'autrice inserisce tra le cause di islamofobia in Italia il disegno di legge «anti-moschee illegali» approvato a maggio stigmatizzando il fatto che «manca ancora un osservatorio nazionale sul razzismo anti-musulmano».
Inoltre, tacendo la violenza dei mondi pro Pal, punta il dito contro: «aggressioni contro movimenti e individui che hanno espresso la propria solidarietà alla causa palestinese» arrivando a citare la morte di Ramy Elgaml come causa di discorsi islamofobi.
Nel paragrafo «Figure centrali nella rete dell'islamofobia» viene poi stilato un vero e proprio elenco con nomi e cognomi appartenenti a media o partiti di destra.
Se «la Lega rimane l'attore principale» delle posizioni islamofobe, «tuttavia, la posizione di Fdi e quella della sua leader, Giorgia Meloni rimane invariata». Il report punta il dito contro due esponenti del partito di Matteo Salvini «una delle nuove figure di spicco nella rete islamofoba italiana è Silvia Sardone, eurodeputata e consigliera comunale a Milano» mentre «un'altra figura di spicco della Lega nota per la sua retorica islamofoba è Annamaria Cisint, ex sindaco di Monfalcone e neoeletta al Parlamento europeo».
Ma gli aspetti sorprendenti non finiscono qui, nel capitolo italiano (a differenza di altre nazioni) compare infatti il logo dell'Unione europea e la voce
«Finanziato dall'Unione europea». L'Ue finanzia perciò un report promosso da Ong extra europee che fanno propaganda islamica e attaccano governi e politici democraticamente eletti, un fatto su cui è necessario fare luce.