
La transizione ecologica è una delle grandi sfide della nostra generazione. Una sfida che l’Unione europea ha il dovere di affrontare con determinazione, ma anche con equilibrio, tenendo conto delle conseguenze sociali ed economiche che inevitabilmente ne derivano. A partire dal 2027, con l’estensione del sistema di scambio delle quote di emissione (Ets2) ai settori degli edifici e dei trasporti stradali, milioni di cittadini europei saranno direttamente interessati da nuove forme di tassazione ambientale. È per questo che abbiamo chiesto ufficialmente alla Commissione europea una valutazione d’impatto socio-economico approfondita, realistica e tempestiva.
Insieme ai colleghi Dirk Gotink e Borja Giménez Larraz, abbiamo inviato una lettera al Commissario europeo per l’Energia e l’Edilizia, Dan Jørgensen, affinché la Commissione fornisca, entro la fine dell’anno, un’analisi completa delle conseguenze che l’introduzione dell’Ets2 potrebbe avere sulla vita quotidiana di famiglie, lavoratori e piccole imprese.
Le misure colpirebbero gravemente in particolare i centri abitati di città e paesi che sono di fatto la culla della civiltà occidentale, densi di edifici non efficienti dal punto di vista energetico che però spesso non possono diveltarlo. Finirebbero dunque per pagare il prezzo più alto per la transizione, a causa delle loro emissioni.
I dati preliminari destano preoccupazione. Studi indipendenti stimano che l’applicazione dell’Ets2 potrebbe comportare un aumento medio delle spese annuali per il riscaldamento domestico tra i 120 e i 250 euro per famiglia, con punte superiori nei Paesi più dipendenti dai combustibili fossili. Sul fronte dei trasporti, il prezzo dei carburanti potrebbe aumentare fino a 15 centesimi al litro. È evidente che un simile impatto colpirebbe in modo sproporzionato le famiglie a basso reddito, le aree rurali e le fasce più vulnerabili della popolazione, rischiando di compromettere il consenso sociale verso l’intero progetto della transizione verde.
Siamo convinte che la sostenibilità ambientale non possa essere disgiunta dalla sostenibilità sociale ed economica. L’Europa può e deve guidare la lotta ai cambiamenti climatici, ma deve farlo senza lasciare nessuno indietro. Ecco perché riteniamo fondamentale affiancare a ogni nuovo strumento ambientale una valutazione seria e trasparente dei suoi effetti sull’economia reale e sul potere d’acquisto dei cittadini.
Nel 2023 l’Unione ha istituito il Fondo sociale per il clima, uno strumento che consideriamo importante e necessario. Con una dotazione complessiva di 86,7 miliardi di euro fino al 2032, il fondo è pensato per sostenere le famiglie vulnerabili e le microimprese attraverso misure di compensazione e investimenti nella mobilità sostenibile e nell’efficienza energetica. Tuttavia, la sfida ora è operativa: le risorse dovranno essere erogate in modo rapido, equo e mirato, tenendo conto delle specificità di ciascun territorio e garantendo la piena partecipazione degli enti locali e delle comunità.
Come tutto il Ppe, crediamo in una transizione giusta, guidata dalla tecnologia, dalla competitività e dalla solidarietà. Una transizione che accompagni cittadini e imprese con strumenti concreti, non con imposizioni calate dall’alto. Per questo chiediamo con forza che l’Ets2 sia implementato solo a patto che un’attenta valutazione degli impatti dimostri che la misura è sostenibile per le famiglie e per le imprese, individuando eventuali correttivi e salvaguardie in grado di tutelare chi rischia di pagare il prezzo più alto.
Solo così potremo costruire un’Europa più verde che tutela l’ambiente per le generazioni future, ma in maniera più equa e inclusiva, mettendo le persone al centro della politica. Un’Europa più vicina ai cittadini che non impone, ma coinvolge. Che non divide, ma unisce.
Che non lascia indietro nessuno.*Europarlamentare Ppe e presidente della Consulta nazionale di Forza Italia ** Vicepresidente del gruppo Ppe al Parlamento Europeo e presidente del Gruppo di Lavoro Ppe su Economia e Ambiente
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