Evaso da un carcere dello Yemen la mente dell’attentato alla Cole

Jamal Badaoui ideò l’attacco alla nave Usa costato 17 morti

Roberto Fabbri

Jamal Badaoui, considerato il cervello dell’attentato contro il cacciatorpediniere americano Uss Cole ad Aden nell’ottobre 2000, è fuggito venerdì da una prigione di Sanaa, la capitale dello Yemen.
Gli evasi sono in tutto ventitré, tredici dei quali apparterrebbero ad Al Qaida e sono implicati nell’attacco che il 12 ottobre 2000 provocò la morte di diciassette marinai statunitensi. Quel giorno l’unità da guerra americana era in sosta nel porto yemenita di Aden per un rifornimento. L’attentato, condotto per mezzo di una piccola imbarcazione imbottita di esplosivo, costò la vita anche ai due terroristi che lo portarono a termine e fu rivendicato da Osama Bin Laden, il quale undici mesi dopo cambiò il corso della storia recente con il catastrofico attentato delle Twin Towers a New York.
Un responsabile della sicurezza yemenita ha ammesso che si tratta di «alcuni tra i più importanti e pericolosi» membri dell’organizzazione terroristica islamica fondata da Bin Laden. Con Badaoui risultano irreperibili tra gli altri Abu Assem al-Adhal, indicato come il numero due di Al Qaida nello Yemen, e Fawaz Yahia al-Rabeei, uno dei responsabili di un altro attentato compiuto nel golfo di Aden nell’ottobre 2002, quello contro la petroliera francese Limburg, in seguito al quale morì un marittimo bulgaro.
La fuga dal carcere è riuscita nonostante la sorveglianza fosse affidata direttamente ai servizi segreti yemeniti. Sembra che i detenuti abbiano guadagnato la libertà scavando una galleria lunga 140 metri, fatta sbucare all’interno di una moschea. I fuggitivi avrebbero fatto coincidere l’evasione con il momento dell’uscita dei fedeli dal luogo di culto al termine della preghiera del venerdì, confondendosi tra la folla.
Le ricerche degli evasi, a più di quarantott’ore dalla clamorosa fuga di gruppo, proseguono nel territorio dello Yemen ma anche all’estero.

Le autorità di Sanaa si sono infatti rivolte all’Interpol, chiedendo aiuto; i mandati d’arresto contro i ventitré ricercati sono stati inviati al quartier generale dell’Interpol a Parigi e fatti circolare in tutti i Paesi del Medio Oriente. Richard Noble, segretario generale dell’Interpol ha detto che l’evasione dei terroristi «non può più essere considerata un problema interno dello Yemen» e ha fatto diffondere un «allerta arancione».

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