Ex An, anche i colonnelli locali bocciano Fini E Beccalossi: «Gioca, ma dovrebbe arbitrare»

Gli ex An di Milano restano compatti nel Popolo della Libertà, e non seguono Gianfranco Fini neanche nella sua corrente. Prima lo hanno deciso i deputati, poi i consiglieri regionali. Ieri è arrivata anche la decisione dei dirigenti provinciali di Milano.
All’incontro dell’area Alleanza Nazionale hanno partecipato consiglieri comunali, assessori e coordinatori cittadini. Lo ha reso noto il coordinatore provinciale Romano La Russa, precisando che nell’incontro è stata confermata «la totale lealtà e condivisione al documento» proposto dal coordinatore nazionale Ignazio La Russa, nel quale gli ex colonnelli di An hanno «giurato fedeltà» al Pdl. «Nessuno intende abbandonare il Pdl - ha dichiarato Romano La Russa - siamo tutti compatti nella scelta del Pdl come una decisione giusta e irreversibile». Il Pdl - riflette La Russa - «è un partito nato da poco e necessita della collaborazione e del lavoro di tutti per migliorarne l’organizzazione e le capacità. Per migliorare l’organizzazione del partito siamo disposti ad accettare idee e proposte da ognuno dei dirigenti e soprattutto da ogni singolo tesserato. Ritengo - prosegue - che per raggiungere tale obiettivo non serve creare sottocorrenti o fratture interne che porterebbero alla sconfitta. L’esempio della sinistra insegna. Bisogna, invece, rimanere uniti».
Diversa, ma ugualmente critica con Fini, la posizione di Viviana Beccalossi, entrata in politica col Msi, poi protagonista con An e Pdl fino alla vicepresidenza della Regione: «Sono d’accordo con Ignazio La Russa - dice - anche se penso che il problema non è tanto l’incarico di Fini, quanto gli accordi presi al momento della frettolosa decisione di fare il partito unico».
«Dall’interno del governo - aggiunge la ex vicepresidente della Regione Lombardia - avrebbe certamente avuto modo di far valere meglio le sue idee, mentre, da presidente della Camera, Fini, che sarebbe tenuto a fare l’arbitro, rischia invece di prendere parte alla partita».
«Il punto vero - prosegue - è che avrebbe dovuto definire meglio, oltre alla quota del 70-30, anche gli aspetti legati alla vita organizzativa interna del partito, con le sue sedi, le regole e i momenti per il confronto.

Comunque, è stato un bene che la fusione sia stata decisa, perché le posizioni che Fini portava avanti da almeno due anni su bioetica e immigrazione, non concordate nel partito, avrebbero portato Alleanza nazionale ad un serio ridimensionamento al nord»,

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