Ex imam espulso: adesso l’Italia lo dovrà risarcire

L’Italia dovrà risarcire un condannato per terrorismo internazionale. E non uno a caso. Si tratta, infatti, del tunisino Mourad Trabelsi, ben noto ex imam della moschea di Cremona e la decisione arriva dalla Corte europea dei Diritti dell’Uomo.
Ma ecco la storia. Siamo nel 1996 quando Trabelsi arriva in Italia e si sistema in un signorile appartamento del centro storico di Cremona. Carattere forte, si fa subito notare da suoi, tanto da diventare, in pochi mesi, imam di una delle moschee più grandi della pianura padana. Peccato che nel 2003, dopo mesi di pedinamenti e intercettazioni, venga arrestato con l’accusa di appartenere ad un gruppo fondamentalista islamico in Italia e di aver tramato azioni criminali. Con questa ipotesi di reato arriva la condanna, in primo grado, del 15 luglio 2006 a Cremona a 10 anni di carcere con sentenza di espulsione a fine pena. In assise, a Brescia, la condanna viene ridotta a 7 anni. In carcere il comportamento di Trabelsi è ineccepibile, come quasi sempre accade per chi finisce dietro le sbarre con la stessa accusa.
È il 2008 quando esce di galera per la prima volta per buona condotta. Nel frattempo, la Corte militare della Tunisia con la stessa accusa lo ha già condannato a 20 anni, in contumacia. E nel 2008, in ottobre, appena fuori dal carcere la Tunisia chiede all’Italia l’estradizione del condannato, perché possa scontare la sua pena anche in patria. È il 3 dicembre 2008 quando il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, annuncia di aver firmato l’espulsione dell’ex imam per motivi di sicurezza dopo che i giudici hanno confermato la sua pericolosità sociale. Ma il predicatore islamico nel mondo dell’Islam non ci vuole tornare. E allora fa ricorso alla Corte europea di Strasburgo perché in Tunisia, a suo dire, avrebbe rischiato la tortura, considerata la condanna incassata. Ora, la Corte di Strasburgo, il 18 novembre 2008, aveva chiesto all’Italia di non procedere all’espulsione, considerando i rischi che l’uomo si supponeva avrebbe potuto correre nel suo Paese per eventuali trattamenti contrari all’articolo terzo della Convenzione europea sui diritti umani, e cioè atti disumani o degradanti. L’Italia, appunto, considera il criterio, oggettivamente sacrosanto, della potenziale pericolosità e procede con l’espulsione. Ebbene, ora la stessa Corte ha condannato l’Italia a risarcire il tunisino di 15mila euro per i danni morali e di 6mila euro per le spese legali sostenute.

Ma si sappia: tutto ciò senza che nessuno, né il ricorrente, né la Corte, abbiano potuto produrre prove del fatto che il Trabelsi abbia rischiato seriamente di essere sottoposto in Tunisia a trattamenti contrari all’articolo terzo.

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