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Ex An, Rotondi e Martino: il Pdl ha ancora mal di pancia

L'area degli anti-tecnici: i due ex ministri disertano la Camera. La scontento di Sacconi e La Russa. Alfano avverte il premier: "Non ci sono larghe intese"

Ex An, Rotondi e Martino:  il Pdl ha ancora mal di pancia

Roma - Se Silvio Berlusconi ha fatto sapere che il governo Monti dura finché il Pdl non gli stacca la spina, loro non hanno nemmeno acceso l’interruttore. Sono gli obiettori del Pdl, quelli che non hanno seguito l’ordine di scuderia della fiducia «del se e del ma» che ha garantito al nuovo esecutivo percentuali di consenso mai viste finora in Parlamento. Una piccola ribellione per la quale nessuno in via dell’Umiltà è sembrato strapparsi le vesti. Due di loro sono pezzi piuttosto grossi: Gianfranco Rotondi e Antonio Martino. Ieri i due hanno disertato Montecitorio, cosa che avevano annunciato con largo anticipo. Martino si è preso anche la cura di spiegare al nuovo premier che «non potevo sostenerlo perché non ho mai votato nessun governo tecnico. Lui mi ha risposto in modo freddo: “lo so”». Altri assenti nel Pdl Francesco Colucci, Marcello de Angelis, Maurizio del Tenno e il detenuto agli arresti domiciliari Alfonso Papa. Non si è astenuta ma ha votato addirittura «no» (come solo Scilipoti oltre alla Lega) Alessandra Mussolini, che pure nei giorni precedenti era giunta a lodare le tre ministre con deleghe «forti».

Ma anche tra chi ha risposto obbedisco, si nascondono sacche di scontenti nel Pdl, in particolare la componente ex-An. Gli ex ministri Giorgia Meloni, Ignazio La Russa, Altero Matteoli, Maurizio Sacconi e l’ex sottosegretario Daniela Santanchè continuano a mugugnare che avrebbero preferito andare alle urne. Anche se Sacconi stesso ieri ha fatto una piccola concessione al governo Monti, parlando di «dichiarazioni condivisibili sul lavoro» e comunque «in linea di continuità con quanto il governo Berlusconi ha realizzato o avviato».

Pesa tutto in queste ore: l’ipotesi di dare l’ok al ritorno di quell’Ici la cui abolizione fu fondamentale per vincere nel 2008, l’idea di pronunciarsi su una patrimoniale vista come il fumo negli occhi, la prospettiva che se il governo Monti dovesse crescere accettabilmente forte e decentemente sano ciò potrebbe allontanare il voto dal 2012 al 2013, l’idea in sé di stare dalla stessa parte di Casini.

E malgrado Berlusconi dosi il tono delle sue esternazioni dal mansueto all’aggressivo a seconda degli interlocutori, c’è da giurare che per far cessare i mal di pancia di una buona fetta del Pdl serva molto più di un antiacido.

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