Expo, Formigoni canta vittoria: «Collegialità, è la scelta giusta»

Stefano Zurlo

I due contendenti s’incrociano al check in dell’Ata, a Linate. Un saluto fugace, prima di imbarcarsi. Letizia Moratti vola a Trieste, per i lavori dell’Anci. Roberto Formigoni va a Parigi all’Assise della sussidiarietà. Il governatore ha in mano il decreto del Governo sull’Expo e distilla soddisfazione: «È una vittoria, anzi una doppia vittoria». Letizia Moratti sarà il commissario per il grande evento del 2015, ma nella cabina di regia della Soge avrà un solo posto. Esattamente come Formigoni e come il numero uno della Provincia Filippo Penati. Ma poi, il Governatore sarà anche il motore del tavolo istituzionale che programmerà e realizzerà tutti gli eventi esterni al sito ma collegati al marchio Expo: una macchina gigantesca, da 10-11 miliardi di euro, che avvierà le infrastrutture e le operazioni culturali, i rapporti con le altre regioni. E Formigoni non nega l’importanza del risultato raggiunto: «Ha vinto la razionalità, ha vinto la soluzione più adatta all’Expo. Il presidente della Regione guiderà questo tavolo; per la Soge è stata scelta la linea della collegialità». Una governance a quattro: il Pirellone, Palazzo Marino, Palazzo Isimbardi, e il ministero dell’Economia con due poltrone nel cda. Il sindaco di Milano esce ridimensionato. Sarà il garante della kermesse e attraverso la Soge avrà un portafoglio di circa 4 miliardi di euro. Lui cerca di schivare la polemica: «Si è parlato di lite, invece c’è stato un confronto su modelli diversi di governance». Il giorno dopo, incassato il risultato, il Governatore diventa garbatamente ecumenico. Formigoni parla del tema a lui congeniale della sussidiarietà, quasi un prodotto del made in Milano, e lo presenta ai convegnisti nei saloni sontuosi del Senato, al Palais du Luxembourg. Le Regioni - insiste - sono e debbono essere soggetti politici, che si affermano al crocevia dei processi di crisi dello Stato nazionale». Non si tratta di buttare giù gli Stati, ma di redistribuire poteri e competenze. Il governatore lo spiega agli interlocutori che incontra in una girandola di appuntamenti negli austeri saloni, fra cimeli e scritte che inneggiano alla Rivoluzione.
Insomma, i nuovi modelli di governance devono individuare il peso specifico di ciascun attore. Come per l’Expo, la macchina che deve rilanciare Milano nel mondo. Lui la sua parte è pronta a farla e quando i cronisti gli chiedono del passo indietro imposto al sindaco, replica con un sorriso sornione. Lungo così. Saluta Bernard Frimat, vicepresidente del Senato e annuncia: «L’anno prossimo l’Assise della sussidiarietà si svolgerà a Milano».
La Moratti è già di ritorno da Trieste e lucida la stella della legalità: «Abbiamo preso contatto con le maggiori autorità e istituzioni del Paese per prevenire infiltrazioni mafiose». Da Parigi Orly, mentre gli addetti dell’aeroporto lo perquisiscono con scrupolosità degna di miglior causa, lui elogia il Governo: «Ho sempre sostenuto che dovesse avere un ruolo di primo piano non solo perché ne ha diritto ma perché del suo coinvolgimento ha bisogno l’Expo».

Paolo Alli, il capo della sua segreteria, lo segue come un’ombra. Sarà lui la mano del governatore nella Soge? «Decideremo nei prossimi giorni chi occuperà quella casella», glissa il Presidente prima di allacciare le cinture.

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