Fa carriera nel crimine quel giovane arabo che pare «Il padrino»

Film di un regista francese con attori d’origine magrebina, salvo Niels Arestrup, Un prophète (Un profeta) di Jacques Audiard ha i requisiti per avere un premio al Festival di Cannes. Con maggiori ambizioni (riscrivere la storia!) e minori risultati artistici di Un prophète, l’analogo Indigènes ottenne nel 2006 il premio agli interpreti. Intanto il film di Audiard ha avuto gli applausi della stampa, rimasta in sala fino alla fine, che giunge dopo due ore e mezzo, la prima metà della quale trascorsa dai personaggi in carcere.
Che sia dietro o davanti alle sbarre, la lotta di classe rimane lotta di classe. Ad essa qui s’aggiungono attriti etnici fra gli strati inferiori della società francese: arabi contro còrsi.
Un prophète è dalla parte di un arabo, se non degli arabi. Per loro il film sarà ciò che per gli italiani d’America e per i discendenti degli schiavi sono Il padrino e American Gangster: il riscatto di uno dei loro attraverso il crimine organizzato. Ma ormai il razzismo è solo la vernice del classismo e oggi un arabo ricco è un ricco, mentre un arabo povero è un arabo...
Ascese sociali del genere stanno avvenendo anche in Italia, ma il nostro cinema racconta ancora l’emancipazione attraverso il crimine solo dei meridionali. Si ricordi l’anno scorso la retorica attorno a Gomorra proprio al Festival di Cannes, quando poi s’è saputo che solo grazie a connivenza e perfino recitazione di reali camorristi s’era potuto girare il film...
La vicenda raccontata da Audiard parte da un’idea originale di Abdel Raouf Dafri e ha l’aria di essere ispirata dalla realtà. Il clima carcerario è quello solito ovunque (sodomia, corruzione delle guardie, omicidi impuniti); il personaggio principale è un detenuto franco-arabo diciannovenne, orfano e semi-analfabeta (Tahar Rahim), che subito sgozza un altro franco-arabo su richiesta di un detenuto corso (Niels Arestrup), diventandone il fiduciario. E, quando ottiene la semilibertà, si mette in proprio...


Il film è coprodotto dalla Bim, quindi uscirà anche in Italia. Se qui non verrà cancellato dal doppiaggio, si potrà ascoltare l’idioma còrso, quindi riflettere sull’invenzione di un «popolo còrso», anziché di una frazione di popolo italiano.

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