Fa penzolare il figlio nel vuoto Va in carcere il padre manesco

Un inferno iniziato nell’agosto del 2009, punteggiato di insulti, minacce e botte di cui faceva spese tutti: moglie, i due figli e i suoceri. Con episodi deliranti come quando il padre-padrone prese il figlio di tre anni e lo tenne sospeso sul poggiolo al decimo piano sussurandogli «Vola, piccolo, vola» mentre lui piangeva disperato. Fino a quando l’altro giorno, in preda all’ira, ha sferrato un violento ceffone al volto al bimbo, facendolo sanguinare. La misura ormai era colma, i carabinieri hanno messo in fila tutte le denunce a suo carico e deciso di arrestarlo. Dando un po’ di respiro alle sue vittime.
Giovanni G., 58 anni, abita a Chiesa Rossa, con la moglie di 45 anni, originaria del Corno d’Africa, i suoi genitori e i due figli di 5 e 3 anni. Lui fa l’ambulante ma ultimamente gli affari non vanno bene e di soldi ne porta a casa sempre meno. Forse anche questo ha inasprito il suo carattere collerico che dall’estate del 2009 sempre più aggressivo e violento. Ma soprattutto la sua gelosia ossessiva. «Mi controlla, mi interroga continuamente chiedendomi conto di ogni mio spostamento» racconterà poi la moglie agli investigatori a cui precisa «Però non beve, né fa uso di droghe»
La prima denuncia il 31 agosto quando l’uomo dopo un furibondo litigio picchia moglie e figlio mandandoli in ospedale. La seconda appena due giorni dopo quando la moglie chiede i soldi della pensione della bambina, invalida al cento per cento, per pagare la retta della scuola materna. E finisce ancora al pronto soccorso. Poi è tutto un seguirsi di aggressioni che fanno finire ora i figli ora la moglie in ospedale, tra scenate e minacce di morte rivolte e chiunque cerchi di calmarlo. L’episodio più grave il 26 luglio 2010: la moglie rientra a casa sente il bimbo piangere dal poggiolo, corre e vede il padre che lo tiene in bilico sulla ringhiera invitandolo a saltare. «No, papà ti prego, papà ho paura». A questo punto la donna disperata chiede l’intervento dei giudici che a dicembre le affidano i figli e ordinano l’allontanamento dell’uomo.
Ma l’ambulante non obbedisce anzi diventa sempre più aggressivo. La botte, le urla, gli insulti e le minacce di morte diventano eventi quotidiani, come gli interventi di polizia e carabinieri. Il 13 gennaio tocca alla bimba finire prima nelle sgrinfie del padre poi a Niguarda, l’altra sera l’ultima aggressione. La moglie torna a casa dopo la spesa e la figlia le corre incontro perché deve confidarle un «segreto». «Papà ha dato una sberla a mio fratello e gli ha fatto uscire sangue dal naso». E la povera donna si prende il fagottino e lo porta alla Mangiagalli, da dove parte una telefonata ai carabinieri.

Questa volta però non se la cava con una semplice denuncia, tutte quelle segnalazioni messe in fila fanno scattare il reato di maltrattamenti in famiglia, aggravati dalla minore età delle vittime. E il bruto finisce finalmente dietro le sbarre, a San Vittore.

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