Roma - C’era una volta l’adulterio (per la moglie) ed il concubinato (per il marito) che oltre a costituire un reato penale, punito anche gravemente, costituiva un violazione dei doveri matrimoniali rilevante per il coniuge "tradito" ai fini di chiedere l’addebito della separazione. Negli anni ’70 la Corte costituzionale dichiara incostituzionali entrambi i reati e da allora nel corso degli anni anche la giurisprudenza si va "ammorbidendo" per quanto concerne gli addebiti delle separazioni per le "corna", o presunte tali.
Oggi nessun Tribunale d’Italia pronuncerebbe un addebito della separazione per il semplice tradimento di uno dei coniugi (d’accordo o meno questa è la nuova giurisprudenza). Il nostro codice civile ha però salvato l’"obbligo", o meglio il diritto/dovere di un coniuge di avere rapporti sessuali con il proprio consorte. Il venir meno a tale "obbligo" in maniera radicale e volontaria può comportare una richiesta di separazione con addebito. È quello che è successo ad una coppia sposata da circa dieci anni. La moglie M. I., 43 anni, casalinga, qualche anno fa, ha intrapreso un cammino religioso che l’ha portata a pronunciare il voto di castità. Il marito B.T., sessantenne, operaio, in un primo tempo, ha accettato la cosa, poi con il passare dei mesi (forse per gli ormoni ancora in circolazione) non tollerando più una astinenza così esasperata (anche perchè non è tipo che frequenta altre donne) ha deciso di adire le vie legali.
E così ha deciso di citare la consorte per ottenere una sentenza di separazione con addebito a causa del voto di castità della moglie che - difesa dagli avvocati Anna Orecchioni e Giacinto Canzona - si difenderà sostenendo che il marito era stato edotto del suo cammino religioso e ne era consenziente.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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