La fabbrica virtuale arreda grand hotel e yacht

I fondatori dicono che la cosa più difficile da trovare «è il cervello»

Lei è magra, sul biondo, disinvolta e con poco trucco, quella che si dice una bellezza nervosa. E per 19 anni Derna Del Stabile, grande passione per il teatro, la vela e le letture, ha insegnato tedesco a scuola. Lui è un po' più in carne, ha la fronte ampia grazie anche ad un inizio di calvizie, è avvocato e quindi coi piedi per terra, ha fatto il manager alla Snaidero e non sorride spesso. Anzi, Diego Travan è un tantino orso. Insieme Derna e Diego hanno dato vita nel 1989 ad un'azienda, la Interna, che è tra le prime dieci imprese al mondo nella fornitura chiavi in mano di arredi esclusivi per il contract e l'ospitalità. Arredi quindi per gli alberghi di lusso, le boutique, gli yacht, le residenze di prestigio. Dagli Hyatt agli Hilton, da Cartier a Louis Vuitton, dal Café de la Paix di Parigi a Villa Feltrinelli affacciata sul lago di Garda.
L’azienda virtuale. Un'azienda che loro stessi definiscono «virtuale» in quanto non ha macchinari e fabbriche. «Non crediamo negli immobili ma nelle persone», dicono i due che tra l'altro sono marito e moglie e si conoscono fin da ragazzini. Ed infatti i coniugi Travan, concreto lui, creativa lei, hanno da sempre concentrato le risorse in quello che, sostengono, «è più difficile da trovare: il cervello». Investono quindi nella ricerca, nella progettazione, nel design. E poi fanno produrre ogni cosa in outsourcing, all'esterno, ad un centinaio di laboratori specializzati sparsi nel Nordest, dal Friuli al Veneto, con un indotto di circa 400 persone: tutto rigorosamente in Italia e quindi tutto di alta qualità.
Credono a tal punto nelle risorse umane da assumere architetti e ingegneri a tempo indeterminato. Li prendono appena laureati, li addestrano con continui corsi di formazione e li inseriscono nei punti chiave dell'azienda che ha trenta dipendenti, in gran parte donne. E molte nei posti di comando. L'età media è di 32 anni, il turn-over quasi zero. «Andiamo controcorrente», sostiene Diego Travan.
Derna è originaria di Cervignano del Friuli. La madre, Maria, faceva la parrucchiera; il padre, Roberto, era un tecnico del suono ed è stato tra i fondatori dell'associazione culturale Mitteleuropea: nata nel 1974 proprio a Cervignano per promuovere la fratellanza di popoli che allora erano ancora separati dalla cortina di ferro, è tuttora operativa con una grande festa che ogni anno si tiene nella terza decade di agosto. Derna, che ha un fratello più giovane, frequenta l'istituto tecnico per il turismo di Venezia, l'Algarotti, e a 16 anni va a Vienna ad approfondire il tedesco. Un giorno, mentre è in un ristorante con i suoi che sono andati a trovarla, incontra un ragazzo: è amore a prima vista. Lui si chiama Diego Travan, è del 1956 e quindi ha 17 anni e mezzo, è di Gradisca di Isonzo, un paese in provincia di Gorizia che dista dieci chilometri da Cervignano. Papà geometra e funzionario regionale, mamma insegnante di lettere, Diego è il più grande di quattro fratelli ed anche lui è a Vienna per il tedesco in quanto pensa di fare l'interprete. Del resto il tedesco è per lui quasi una lingua madre: lo si parla in famiglia insieme al friulano, un nonno ha combattuto nella prima guerra mondiale nell'esercito austriaco contro l'Italia e in casa c'è ancora oggi in bella evidenza l'immagine di Francesco Giuseppe.
L’avvocato-manager. I ragazzi si frequentano anche dopo, in Friuli, lei studia lingue a Udine e si laurea in germanistica finendo poi per insegnare, lui fa giurisprudenza e si specializza in diritto commerciale internazionale. E va a lavorare alla Snaidero, ufficio estero. Fino a quando Rino Snaidero, il fondatore dell’azienda di cucine, vuole diversificare e apre anche una divisione di arredamento per alberghi, uffici, comunità. La chiama Ifd, International forniture division. E chiede proprio a Diego Travan, che ha appena 28 anni, di ricoprire il ruolo di direttore amministrativo prima e di direttore generale in seguito. «Mi sembrava una follia», commenterà. Ma accetta. Lavora a testa bassa come sanno fare i friulani, nel 1984 trova anche il tempo per sposarsi con Derna. Nel 1988 nascerà il primo di due figli, Federico (il secondo, Massimiliano, arriverà dieci anni più tardi). Nel 1989 Rino Snaidero si concentra nel settore delle cucine e abbandona il resto. La divisione di arredamento viene così chiusa, è lo stesso Travan a telefonare ai clienti per annunciare la decisione. E qualcuno gli butta l'esca: ma perché non lo fai allora tu? Travan ci pensa, poi «da incosciente mi dissi: proviamo».
L’addio alla Snaidero. Lascia la Snaidero il 28 aprile 1989 con il pensiero fisso che il mondo gli sarebbe crollato addosso da lì a non molto e il 2 maggio s'installa in un piccolo ufficio di due metri per tre in un sottoscala di Manzano. Due ore più tardi si domanda: «Ma che ci faccio qui?». E avrebbe cominciato a darsi dell'imbecille se non fosse arrivata, ricorderà, «la fortuna sotto forma di telefonata»: un ex cliente chiede di incontrarlo a Milano in quanto deve arredare a Gavi, in Piemonte, un albergo che in passato era stato un monastero, lo stesso in cui era stato girato il film Il nome della rosa. Quell'albergo sarà il primo contratto della nuova società, Interna. Ed è un nome che sceglie Derna: «È facile da dire in tutte le lingue e dà l'idea di italianità».
Il primo fido in banca. In pratica Interna, con un capitale di venti milioni che i coniugi Travan coprono ricorrendo a un fido bancario, inizia l'attività facendo le stesse cose che prima realizzava la divisione della Snaidero. Arredamenti chiavi in mano per gli alberghi, dalle porte agli armadi. Ma hotel cinque stelle lusso. Con in più una caratteristica. Dal momento che, dirà Derna, «non avevamo i soldi per mettere in piedi una fabbrica, abbiamo dato vita ad una società snella, senza peso, una weight less company. Una società senza immobili e impianti in quanto per la produzione potevamo fare ricorso alla grande capacità produttiva degli artigiani della zona ma una società in grado di offrire al cliente un alto livello di servizio. Ecco perché abbiamo puntato da subito sulle persone».
Contratti all’estero. E dopo l'albergo di Gavi, arriva il contratto per l'hotel Hyatt di Belgrado. «Anche quell'albergo - racconterà Derna - ci ha portato fortuna, lo abbiamo ristrutturato tre volte in una decina d'anni». E via via si aggiungono altre catene: Ritz Carlton, Hilton, Radisson, Marriott, Westin, Sheraton, a Tripoli, Berlino, Roma, Amsterdam, Londra, Madrid. Poi nel 2001, dopo l'11 settembre («Siamo stati sei mesi senza un ordine», ricorda Diego), la decisione di ampliare il raggio d'azione ad altri settori: musei, discoteche, ristoranti, centri benessere, residenze, cliniche private, persino gli yacht del gruppo Ferretti. Fino a fornire nel 2005 gli arredi anche per le boutique di Cartier e Louis Vuitton, da Casablanca a Lione. Otto boutique all'anno del valore di mezzo milione di euro l'una e boutique complete, dalle luci agli armadi sino alle casse. Commenta Derna: «In pochi anni siamo arrivati al top delle aziende blasonate. È un piccolo miracolo».
Interna, con sede a Tavagnacco, alla periferia di Udine, ha un fatturato di 14 milioni di euro con una quota di mercato nel settore contract dell'1%, quindi molto più alta dei marchi blasonati, e con l'export che incide per oltre il 90%. Dei trenta dipendenti, ben un terzo fa parte dell'ufficio tecnico. L'azienda opera su tre divisioni: Interna contract, caratterizzato dal marchio blu, offre arredi chiavi in mano, tutti prodotti unici di altissima qualità.

Quindi Interna collection, marchio rosso, con lo slogan «Un progetto per chi cerca un progetto» e con oltre 200 concept, pezzi di serie che il cliente può chiedere anche di personalizzare; pezzi comunque realizzati dai grandi nomi del design, da Uwe Fischer a Jacques Garcia, da Alfredo Haberli a Franco Poli, da Hannes Wettstein a Isao Hosoe. Infine un marchio nuovo, non ancora deciso, e destinato agli arredi per uffici. Interna, insomma, ha molta carne al fuoco. Con Derna che segue ormai il marketing e il settore collection.
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