da Roma
Francesco Aracri, coordinatore regionale di An per il Lazio, come le sembra il clima nel partito dopo le decisioni prese da Gianfranco Fini questa estate?
«Mi pare che stia andando molto bene. Tutti i coordinatori si sono messi a lavorare e nel partito tutti hanno capito che la politica è confronto serio sui contenuti. Vedo che nei vari strati cè partecipazione e coinvolgimento per il rilancio di An. E cè la diffusa consapevolezza che ci si deve ricollegare con la società civile, in tutte le sue articolazioni. Inoltre, entro il 30 settembre si svolgeranno le assemblee regionali. In quella sede si deciderà la linea politica da tenere su ogni territorio e si ridefiniranno i vari uffici».
I coordinatori sono nominati direttamente da Fini. Alcuni hanno sollevato un problema di metodo.
«Nellultima Direzione nazionale qualcuno ha proposto lelezione dei coordinatori dalla base invece che la nomina dallalto. Mi pare un ragionamento giusto e per me va bene che ad ogni livello ci sia partecipazione. Dirò di più. Questo metodo, chiamiamolo delle primarie, deve essere adottato per coerenza in ogni caso, anche per la decisione delle candidature».
Non è complicato?
«Può darsi. Ma è comunque importante verificare il lavoro effettivamente svolto dagli eletti. Ci siamo stufati dei deputati che non fanno il loro dovere e sono lì perché calati dallalto. Ci vuole unattenta valutazione di tutti i candidati: alcuni hanno macinato, altri decisamente no».
Dopo la ferma presa di posizione di Fini, sono cambiate le dinamiche interne al partito?
«Secondo me il dibattito interno cè e fa bene in tutti i partiti, limportante è evitare le degenerazioni. Comunque è in atto un rimescolamento delle posizioni. Mi sembra che adesso le adesioni e le aggregazioni si stiano esprimendo sulla base di vere linee politiche».
In periferia come sono i rapporti con lUdc?
«Con tutta lUdc ci sono ottimi rapporti perché cè rispetto reciproco. Limportante è privilegiare sempre quello che unisce rispetto a quello che divide».
Sul territorio si avverte il problema della leadership del centrodestra?
«Se non ci fosse stato Berlusconi, il centrodestra non ci sarebbe stato e non si sarebbe affermato. Noi dobbiamo sempre ricordarci quello che fece Berlusconi allepoca del ballottaggio tra Rutelli e Fini: il premier si schierò con Fini. Berlusconi potrebbe fare il padre nobile del centrodestra: questo non vuol dire individuare un altro leader della Cdl ma arrivare ad una più efficace differenziazione di ruoli. Limportante è comunque che ciò non significhi disconoscere il ruolo di Berlusconi».
Sul candidato sindaco di Roma questa estate è impazzato il «totonomi».
«Per Roma ci vuole un politico vero e di peso, di prestigio e che conosca i problemi della città. Il totonomi lasciamolo perdere».
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