da Roma
Nellultima informativa inviata dai carabinieri ai pm napoletani lo scorso 6 giugno si dà spazio all«influenza» sulla Caf manifestata da Luciano Moggi e dalla Juventus in occasione del ricorso contro lo scioglimento del contratto dei giocatori Viktor Boudiansky e Ilias Zeytulaev. Il documento oltre a rilevare i rapporti di Moggi con i magistrati Maurizio Laudi, Antonio Rinaudo, Giuseppe Marabotto e Piero Calabrò, questultimo giudice a Monza e fondatore della «nazionale italiana magistrati», nonché commentatore del Processo di Biscardi. Boudiansky e Zeytulaev, minorenni, si legano alla Juventus il 9 agosto 2001, firmando alla presenza di Moggi un contratto quinquennale. Nellautunno 2004, assistiti da un avvocato milanese, ne chiedono lannullamento. Sostengono che le firme dei loro genitori sul contratto sono falsificate, che le stesse Noif (Norme organizzative interne federali) impediscono di sottoscrivere un contratto da professionisti a minori di 19 anni e che comunque lo stesso non avrebbe potuto avere durata superiore a 3 anni. Il primo ottobre la commissione Tesseramenti dà loro parzialmente ragione, limitando la validità del tesseramento al campionato 2003-2004, già concluso. Ma Moggi e la Juve ricorrono. Dopo frenetiche telefonate, soprattutto tra Luciano Moggi e il direttore generale della Figc, Francesco Ghirelli, vincono, vincolando per altri due anni i ragazzi. Ecco i retroscena della vicenda così come emergono dalle intercettazioni.
Il primo dicembre Moggi non ha ancora presentato il ricorso e già chiama Ghirelli. Moggi: «Quando facciamo ricorso alla Caf i giocatori devono tornare a noi!». Ghirelli: «Perfetto!». M: «Mi raccomando a te! Seguimela attentamente, eh?». G: «E certo, non cè dubbio». (...) M: «Ma voi per esempio direttamente non potreste fare una cosa?». G: «No, la devi fa tu!». M: «La faccio io, però mi raccomando...». G: «Appena tu lhai fatta, me lo dici, in modo tale che io mi attivi».
Moggi infatti ritelefona il 6 dicembre per avvisare che listanza è stata presentata. E Ghirelli è di parola: «Va bene, adesso lo chiamo subito», dice al Dg bianconero. Poi lo richiama per dirgli che il ricorso verrà discusso il 13 dicembre quando la data non è ancora ufficiale. Proprio quel giorno, di primo mattino, Ghirelli prende informazioni sul caso dal segretario della Lnp, Marco Brunelli, poi va a pranzo con Moggi, parla con Giancarlo Gentile (capo dellufficio legale della Figc) che è in compagnia del presidente Caf Martellino e finalmente, alle 18.02, riceve la telefonata della sua segretaria, Fiorella: «Accolti tutti e due, eh, della Juventus, quindi ripristinati i contratti originali». Ghirelli: «Va bene». F: «Quinquennali». Ghirelli chiama Moggi, ma il cellulare del diggì bianconero è spento, così alle 18,05 telefona ad Antonio Giraudo. Ghirelli: «Fatto, eh?». Giraudo: «Comè venuta fuori la cosa?». Gh: «Eh, hanno ripristinato». Gi: «Grazie, sei un grande». Il giorno dopo, alle 11,11 di mattina, Moggi chiama il dirigente federale e lo ringrazia. Lucianone chiama anche il vice di Carraro, Mazzini, per vantarsi del controllo su Ghirelli e del successo del ricorso con la Caf, e rivela di aver chiesto al direttore Figc: «Datti da far col Martellino». Al di là della scarsa «fiducia» mostrata da Mazzini a Ghirelli (che mette in guardia Moggi: «Appena passata la tempesta ritorna a fa i c. suoi») gli inquirenti sottolineano la sete di vendetta di Moggi contro i due calciatori. «Gli faccio passa le feste a Torino a puli i cessi», ringhia con Mazzini. E si ripete al telefono con il presidente della Reggina, Lillo Foti, dove i giocatori erano «parcheggiati», ignorando peraltro le richieste di «rimborso spese» del patron calabrese. «Gli faccio un c. che se lo ricordano fino a che campano, a loro e al procuratore (...) questi non giocano per due anni... li metto ai lavori forzati, gli faccio puli i gabinetti, tutto!». Moggi è un fiume in piena. Foti gli ricorda che cè Juve-Milan, e il Dg bianconero se la ride. Foti: «Ti raccomando con Ancelotti, intanto». M: «Ma li mortacci...». F: «Minchia, ma si divertono?». M: «Ma non sanno neppure le regole, perché siccome giochiamo in casa noi...». F: «Eh, il pallone.
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