«È faida tra i vertici dell’organizzazione»

Allora, direttore Rizzuto, che pasticciaccio brutto sta succedendo a Piacenza?
«Per noi, questa storia delle tessere è nota da almeno un anno. E come giornale locale, noi della Libertà rivendichiamo di averla seguita fin dal primo giorno, coprendola da ogni fronte. Dall’indagine dei carabinieri all'inchiesta della magistratura. Dando voce a tutti, ma senza guardare in faccia a nessuno».
Gaetano Rizzuto è un orgoglioso siciliano di Salemi, classe 1949. Uno che come tanti suoi conterranei ha trovato la sua strada al Nord. Addirittura in Padania, dove è arrivato nel 1980 come direttore alla «Provincia Pavese». Dall’87 «Secolo XIX» e poi, dal 2000, a Piacenza. Nemmeno un filo di imbarazzo, come giornale del Gruppo Finegil (quello di Carlo De Benedetti), a fare le pulci proprio alla Cgil?
«Guarda, se qualcuno vuole trascinarmi in una polemica politica, io declino cortesemente l’invito. Oltretutto la Finegil è socio minoritario della Libertà, mentre il 65% continua a essere nelle mani della famiglia Prati. Quindi, proprio nessun imbarazzo. Né alcun problema di condizionamento politico. Anzi, noi qui siamo senz’altro la testata che ha raccontato tutto. E anche più di tutto».
Allora imbarazzata sarà stata almeno la Cgil?
«Dipende.

In questa vicenda, un ruolo importante lo ha svolto proprio il segretario locale della confederazione, Gianni Copelli, che da quando la magagna è emersa ha assunto subito una posizione molto dura e severa contro i vertici dello Spi locale, quello direttamente sotto accusa in questa vicenda. Se imbarazzo c’è, è sicuramente un imbarazzo interno. Anche perché la vicenda ha finito per porre l’una contro l’altra due componenti del sindacato».

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