Marcello Zacché
da Milano
Lassociazione dei banchieri italiani inaugura lera della presidenza Faissola. Ma il nuovo corso parte sulla base di una spaccatura che non ha precedenti e che si può riassumere immaginando le grandi banche divise in due partiti. Da una parte la «maggioranza», composta da Intesa e Sanpaolo, con Mps. Dallaltra gli «oppositori», con linedito asse Unicredit-Capitalia, in compagnia della Bnl.
In sintesi, ieri, è andata così: il neo presidente dellAbi Corrado Faissola, designato da fine giugno, è stato eletto dal consiglio direttivo a larga maggioranza. Ma non allunanimità. E le astensioni, 9 voti su 90, sono di quelle che pesano. A far mancare il loro voto sono stati tre dei cinque maggiori gruppi bancari del Paese: Unicredit, Capitalia e Bnl.
Nello specifico, il percorso attraverso il quale si è giunti a questo risultato è stato segnato da passaggi clamorosi. Il primo ha riguardato la modalità di elezione del presidente, pacificamente sempre avvenuta per acclamazione: non ieri, perché Alessandro Profumo, ad di Unicredito, ha chiesto e ottenuto dal direttivo il voto palese. Una richiesta necessaria, secondo Profumo, per far venire allo scoperto gli eventuali dissensi. Profondi dissensi. Il passaggio successivo è stato il gesto di Matteo Arpe, ad di Capitalia, di dare a Profumo la delega per il suo voto. Decisione pesante perché se fino a quel momento Arpe aveva avallato la designazione di Faissola (mentre Profumo, insieme con il presidente di Bnl Luigi Abete, aveva guidato fin da subito il partito opposto, quello che sosteneva Roberto Mazzotta), con questa scelta veniva sancito coram populo il cambio di direzione. E non si trattava di una decisione personale ma, come si è visto nei voti, di una scelta condivisa da tutti i rappresentanti di Capitalia.
«Sarò il presidente di tutti», ha detto Faissola, ad della Banca Lombarda. Ma la divisione, consumata già in fase di designazione, si è accentuata in questultima settimana. Fino a spostare anche i voti di Capitalia. Il perché - dicono gli interessati - va ricercato nel «metodo», e non certo nella indicazione della persona, da tutti stimata. Il punto è un altro. Lo spiega uno dei banchieri coinvolti: «Abbiamo cercato di mediare per trovare il consenso di tutti sulle linee evolutive dellAbi. Ma ci siamo scontrati con un muro di gomma, una visione dellassociazione come puro centro di potere. Nessuna intesa né sui principi (governance, strategia nello scenario internazionale, visione delle aggregazioni, ruolo politico), né sulle decisioni concrete, quali le deleghe, i comitati e le vicepresidenze, andate a Pietro Modiano (Sanpaolo), Giovanni De Censi (Valtellinese), Antonio Patuelli (CariRavenna) e Guido Rosa (per le banche estere)». Escluso, non a caso, Dieter Rampl, il vicepresidente di Unicredit che avrebbe rappresentato un segnale importante sia in termini di internazionalizzazione, sia di riavvicinamento delle parti.
Su tutto avrebbe prevalso invece una logica spartitoria, con la regia del maggior elettore di Faissola, il presidente di Intesa Giovanni Bazoli, in piena intesa con il Sanpaolo.
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