Falchi e colombe ora uniti ma per volare via da Fini

L’impresa del presidente della Camera: non riesce a trattenere nessuna delle due correnti di Fli. E dopo Urso e Ronchi persino Granata medita l’addio

Falchi e colombe ora uniti 
ma per volare via da Fini

Roma Rimbomba ancora, nella sala del cinema Adriano, la sparata di Fini di domenica scorsa, in occasione della prima assemblea nazionale dei circoli del Fli: «Non c’è stata, non c’è e non ci sarà all’interno di Futuro e libertà alcuna distinzione tra moderati ed estremisti, tra falchi e colombe, tra sostenitori di un progetto politico finalizzato a creare alleanze col centrosinistra e sostenitori di un progetto alternativo per un’altra coalizione». Speranza vana. O, detta in maniera brutale, una balla colossale. La realtà è che Fini sta per essere incenerito dalle correnti interne al suo Fli. Tra i futuristi, infatti, è lotta continua.
L’immagine più evidente è lo sfogo del pasdaran Fabio Granata che davanti alla buvette di Montecitorio sbraita con il capo dei deputati Benedetto Della Vedova: «No, noooo! Io esco dal gruppooooo... Te lo dico: esco dal gruppooooo...!».

Il casus belli, questa volta, è il voto sulla domanda di autorizzazione a procedere in giudizio nei confronti dell’ex ministro delle Infrastrutture Pietro Lunardi, indagato dalla procura di Perugia nell’inchiesta sul G8. Granata proprio non se la sente di obbedire all’ordine di scuderia, deciso dal direttivo del Fli. In sostanza il partito decide di votare esattamente come quattro mesi fa quando negò una prima richiesta di autorizzazione. All’epoca, ottobre 2010, fu addirittura Consolo a spiegare i motivi del niet: «È impossibile per la giunta e la Camera prendere in considerazione questa richiesta senza poter analizzare la condotta di entrambi i presunti concorrenti di questo episodio, vale a dire “corrotto e corruttore”».

Come si fa adesso a cambiare opinione? Peccato che Granata, che già allora ingoiò il rospo, di mandarne giù un altro proprio non ne abbia voglia. Della Vedova cerca di contenere il collega che poi s’infila in Aula. Più tardi anche Roberto Menia prende sottobraccio l’amico Fabio, più turbato che mai. «No, non voglio far polemiche... Non oggi, non adesso... Per favore...», se ne va piccato Granata inseguito dal cronista del Giornale. Risultato finale: il Fli modifica la rotta e decide di conformarsi alla linea del terzo polo, scegliendo l’astensione. Ma i finiani si spaccano anche in questo caso perché per il no all’autorizzazione votano Consolo, Lamorte e Patarino. Insomma, uniti in ordine sparso. Mentre sul voto che autorizza l’acquisizione dei tabulati telefonici di Catia Polidori, minacciata perché transfuga del Fli, l’Aula si esprime all’unanimità.

Se il mal di pancia di Granata dovesse sfociare per davvero in un addio al Fli, Fini riuscirebbe nel paradossale miracolo di non riuscire a tenere insieme né le colombe né i falchi. Di fatto, tra i futuristi, continuano a volare gli stracci. Lo stesso Granata poche ore prima aveva dato della «zavorra» a quelli come Urso che cercano di mitigare la deriva antiberlusconiana e contestano gli occhieggi a sinistra. I falchi invece vorrebbero la guerra totale al Cavaliere e addirittura premono perché Fini appoggi i referendum dipietristi su nucleare, acqua ma soprattutto legittimo impedimento. Urso e i moderati frenano e contrattaccano.

L’Adolfo furioso, in un’intervista alla Stampa è più che esplicito: «Se Fini la pensa come Granata lo dica e sono pronto a togliere il disturbo». Con Urso anche il tormentato Andrea Ronchi, che molti dicono pronto a fare le valigie e ancora nel Fli soltanto per gratitudine personale.
Proprio l’ex ministro per le Politiche comunitarie Ronchi, che sull’acqua ha elaborato il decreto che porta il suo nome, sulla materia pianta i paletti: «Se vince il referendum di Di Pietro e della sinistra si ferma l’Italia delle liberalizzazioni, vince l’Italia delle corporazioni, tutto meno l’efficienza».

Su questo tema difficilmente il Fli andrà a braccetto del leader dell’Italia dei valori mentre sul nucleare, essendo i futuristi spaccati anche su questo tema, probabilmente non ci sarà una presa di posizione netta.

Ben più rischiosa la scelta sul referendum abrogativo del legittimo impedimento: in questo caso la tentazione di fare un dispetto al premier c’è eccome. Ma c’è ancora tempo per la prossima spaccatura interna.

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