La battuta funziona ancora, dopo 26 anni: «Continuavano a non trovare niente, così abbiamo  deciso di fargli trovare qualcosa». Sulla storia della beffa delle teste di Modigliani, avvenuta  nel luglio del 1984, sono state fatte ipotesi di ogni tipo. Invece fu solo il simbolo di una  risata «alla livornese» per una gran burla che presto potrebbe diventare un docu-film. 
 Oggi gli autori della beffa che fece il giro del mondo, Pietro Luridiana, Michele Ghelarducci e  Pierfrancesco Ferrucci hanno 46 anni e, pur sposati e con figli, non hanno perso la voglia di  sorridere. Nessuno di loro ha avuto a che fare seriamente con l'arte: Luridiana ha un negozio di  informatica, Ghelarducci lavora in un'impresa di spedizioni, Ferrucci è vicepresidente  dell'Istituto europeo di oncologia a Milano. Uno scherzo che si ingigantì inaspettatamente,  rafforzato dall'idea analoga di un altro livornese, il portuale Angelo Froglia (che la passione  per l'arte l'aveva davvero), ma senza lo stesso «movente» scanzonato. 
 «E pensare che un passante ci voleva arrestare mentre i giornalisti ci intervistavano» racconta  oggi Pietro Luridiana, ancora divertito. Da una parte Livorno rideva, dall'altra si sentiva  presa in giro. Il piano dei tre ex compagni, d'altronde, fece arrossire gli amministratori e  molti critici d'arte, tutti convinti che le tre teste fossero autentiche. 
 La storia inizia quando la conservatrice di un museo livornese convince il Comune a dragare i  Fossi medicei che attraversano il centro: leggenda vuole che lì nel 1909 Modigliani, in un  impeto di rabbia, avesse gettato le teste appena scolpite. Dopo una settimana di inutili scavi  Luridiana, Ghelarducci e Ferrucci si danno appuntamento a casa di un amico, Michele Genovesi, e  lavorano con scalpello e trapano. 
 «Credevamo che se ne sarebbero accorti subito» racconta Luridiana. Invece le tre teste (due  scoperte il 24 luglio e la terza il 10 agosto) vengono accolte dagli addetti ai lavori come un  trionfo. Si pronunciano periti e critici e a pochi vengono dubbi sull'autenticità. «Eppure -  prosegue Luridiana - noi non abbiamo mai nascosto niente: alla Baracchina Rossa (affollato  locale del lungomare, ndr) lo sapevano tutti». 
 Ma per 40 giorni Livorno crede di aver trovato le opere di Modigliani. Finché, all'inizio di  settembre, su «Panorama» viene raccontata la verità: «Una delle teste è opera nostra» confessa  il terzetto con tanto di foto di gruppo prima del lancio in acqua. Si tratta della cosiddetta  «Modì 2», lavorata in pietra serena. Finiscono in televisione e, in diretta, realizzano un nuovo  falso. E le altre due «teste»? Alcuni giorni dopo, in seguito a un appello in tv di Federico  Zeri (uno dei pochi critici, assieme a Carlo Pepi, a non cadere nel tranello), esce allo  scoperto l'autore: Angelo Froglia, un portuale con la passione dell'arte che spiega di aver  agito per rivalsa nei confronti dei critici. Mostra anche un video in cui viene immortalato  mentre scolpisce le teste. 
 Oggi le sculture si trovano in un magazzino comunale e gli autori non ne hanno mai rivendicato  la proprietà; Froglia è morto nel 1997, dopo una lunga malattia, e il Comune rifugge ogni  progetto di mostra permanente. Ma, dopo 26 anni, se ne parla ancora e, anzi, di teste false ne è  spuntata una quarta. L'ha scolpita il solo Ghelarducci, si chiama «Modì 2.0» e due anni fa finì  all'asta. Il ricavato andò alla onlus che fa ricerca per la lotta contro il cancro sostenuta dal  compagno di beffa, l'oncologo Pierfrancesco Ferrucci.
Falsi Modigliani, 26 anni fa la beffa che fece il giro del mondo
Nel 1984 tre amici livornesi confezionano tre «teste» che ingannano esperti e media. Le tre opere sono in un magazzino del Comune toscano. E qualcuno lavora a un film sulla vicenda
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