Infanzia, amore e famiglia in questa prima giornata del Festival di Cannes, che si ricollega all'evento di apertura fuori concorso con quel Jeanne du Barry che ha scatenato critiche e polemiche. Ai nastri di partenza ieri è stato presentato Monster del giapponese Hirokazu Kore-eda, Palma d'oro nel 2018 con Un affare di famiglia e, come sempre, attaccato alle tematiche dell'infanzia e del nucleo di origine.
Minato è un ragazzino complicato che sembra dovere tutti i suoi problemi all'ambiente scolastico. La madre ne discute con la direttrice e gli insegnanti, credendo che uno di loro abbia picchiato il ragazzino. Aleggia perfino l'ombra del bullismo ma la realtà è più complessa. Il mostro è la bugia. L'ossessione di convincersi di qualcosa che tiene in ostaggio la propria vita, come la morte del padre nel caso del bambino con il solo conforto di un coetaneo con il quale peraltro intrattiene un rapporto contrastato. Il mostro del titolo è la domanda senza risposta che il piccolo pone ripetutamente alla madre, chiedendole se il padre rinascerà. Il mostro è anche quel disagio di non sapersi né sentirsi capiti e accettati che il protagonista percepisce a scuola intorno a sé.
Ne esce un film che mette tanta carne al fuoco ma rischia di dare risposte che restano in sospeso. L'introspezione dei personaggi è qualcosa più della scrittura di una trama che costringe lo spettatore a tornare sui suoi passi e rivedere quanto interpretato fino a quel momento. Il problema del bambino mostra sfaccettature più spigolose di quanto si potesse pensare a riprova che nulla è come sembra. Né si dimostra facile da risolvere. L'infanzia è da sempre al centro delle riflessioni di questo autore come l'approfondimento degli intrecci familiari che stanno anche alla base del tessuto di relazioni tra genitori e figli.
E da questo stesso punto di partenza nasce anche la trama di Le Retour di Catherine Corsini che arriverà nelle sale italiane grazie ad I wonder pictures che ne ha acquisito i diritti. Una donna africana che lavora a Parigi viene mandata in Corsica per un'estate. L'occasione è ghiotta e si tratta di un ritorno perché anni prima, proprio dall'isola, la famiglia si era allontanata. Per le due ragazze, Jessica e Farah è l'opportunità di cimentarsi con esperienze nuove, talvolta impreviste e imprevedibili, conoscere l'amore e le sue dinamiche tra coetanei ma soprattutto scoprire i risvolti sconosciuti e rimasti nascosti della propria famiglia. La regista francese, che proprio oggi compie 67 anni, è attenta ai temi del sociale dopo la metafora di Parigi, tutto in una notte, proposto sempre a Cannes nel 2021. Il film si spende per tratteggiare storie incrociate e soprattutto per togliere il velo a quegli scheletri di cui gli armadi sono spesso pieni anche nelle migliori famiglie. Importante il cast che si avvale di Denis Podalydés e Virginie Ledoyan.
E sempre dell'amore si è discusso ieri mattina nell'incontro di Maïwenn a proposito del suo film di apertura della rassegna. La parte storica appare infatti decisamente ridimensionata come le battute pronunciate da Johnny Depp, in primo piano per tre quarti del film ma quasi sempre silenzioso. «È una storia che guarda ai sentimenti non alle vicende politiche» ha spiegato la realizzatrice e attrice protagonista. Madame du Barry è l'unica donna dell'entourage del sovrano a guardare l'uomo e non il re. In una parola, a lasciare che siano i sentimenti a prevalere. Peccato però che le emozioni restino distillate con tanta parsimonia di sfiorare l'avarizia.
Soltanto verso la parte finale quando muore Luigi XV e si avverte l'ombra della ghigliottina si riesce a provare qualche timido brivido, rimasto
finora sconosciuto, colpa di una sceneggiatura a tratti quasi buffa. Alla domanda del ginecologo su quanti uomini ha avuto, Madame du Barry risponde: «Uno alla volta». Ma questo non c'entra né con la Storia né con l'amore.
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