Family day, Rutelli pentito: non fossi ministro ci andrei

Family day, Rutelli pentito: non fossi ministro ci andrei

Roma - «Una parte del governo dichiara guerra al mondo cattolico e l’altra agli omosessuali: bel risultato». È proprio uno dei ministri dell’esecutivo guidato da Romano Prodi, il Guardasigilli Clemente Mastella, a tracciare in una battuta il quadro di un governo dilaniato al proprio interno e incapace di trovare l’intesa su un tema cruciale come quello della famiglia. «Se avessero seguito la nostra indicazione, per cui di questa materia doveva occuparsi il Parlamento e non il governo non saremmo a questo punto», conclude il ministro, alludendo al disegno di legge sul riconoscimento dei diritti delle coppie di fatto, Dico, firmato dal ministro della Famiglia, Rosy Bindi e da quello delle Pari opportunità, Barbara Pollastrini.
Il ddl sulle convivenze licenziato dal Consiglio dei ministri e ora in discussione al Senato ha fatto deflagrare le contraddizioni interne alla coalizione. Nel governo tutti dicono di voler sostenere la famiglia ma ogni ministro ha un’idea propria su cosa si debba intendere per famiglia. E così prima ci si è scontrati sul riconoscimento delle unioni omosessuali. Poi sull’opportunità o meno di scendere in piazza per il Family day promosso dalle organizzazioni cattoliche proprio in chiave anti-Dico. E proprio il Family day, che promette di essere una grande manifestazione di piazza con tanto di partecipazione di ministri cattolici, rappresenta una spina, anzi una lancia nel fianco del governo. Tanto che il vicepremier Francesco Rutelli sta cercando di riguadagnare terreno su questo fronte, dicendosi convinto che «sarà una delle più grandi manifestazioni che il Paese abbia mai visto». E non solo. Dopo essersi scontrato con il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Fioroni, chiedendogli di non scendere in piazza ora dice «fossi stato un semplice deputato sarei andato».
Intanto il governo si divide pure sulla Conferenza nazionale per la Famiglia. Un appuntamento istituzionale fortemente voluto dalla Bindi che però, precisando di non aver voluto invitare le associazioni omosessuali, ha dovuto incassare il biasimo di molti suoi alleati e di parecchi ministri: Paolo Ferrero (Solidarietà sociale), Emma Bonino (Commercio estero) e Fabio Mussi (Università). Ferrero non prenderà parte alla Conferenza per protestare contro l’esclusione delle associazioni gay.
«Ferrero - replica la Bindi - non può mancare: come titolare della Solidarietà sociale ha il dovere di venire». Il ministro della Famiglia poi difende la sua scelta e accusa: «C’è qualcuno che è stato in malafede, ha giocato sull’equivoco dei Dico. Sbaglia chi li legge contro la famiglia come chi li ritiene una forma di famiglia surrettizia».
Ferrero però non cede alle insistenze della Bindi: «Non cambio decisione. Non parteciperò alla conferenza sulla famiglia».
E se in tanti nella Margherita sono solidali con la Bindi come il vicepresidente della Camera, Pierluigi Castagnetti e il coordinatore Antonello Soro tra i diessini si leva solitaria soltanto la voce di Anna Finocchiaro. Critico il presidente della commissione Giustizia del Senato, Cesare Salvi. Proprio colui che bocciò i Dico, definendoli un mostro giuridico non appena approdarono alla commissione di Palazzo Madama da lui presieduta. «Il mancato invito alla Lega italiana delle famiglie di fatto e alle associazioni rappresentative degli omosessuali non è solo un errore politico, è anche una sgrammaticatura giuridica», denuncia Salvi.


Polemiche che rappresentano ulteriori ostacoli sul cammino del Partito democratico e anche su quello del ddl sui Dico. E tanto per chiarire, ieri la senatrice Paola Binetti ha ribadito: «Il ddl sui Dico, così come è strutturato, non deve passare».

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