Si nota la presenza della Regione Liguria in piazza San Giovanni. Si nota perché non cè il gonfalone della discordia. Quello della Regione Lombardia, quelli dei Comuni di Loano e Alassio ci sono, tra decine. Quello della Liguria no, e nel mare di folla del Family day tutti vedono soprattutto i due striscioni bianchi che lo sostituiscono. Gianni Plinio e Alessio Saso, i consiglieri di An, stringono mani e incassano sorrisi quando spiegano perché innalzano la scritta: «Spazio riservato al gonfalone della Liguria che non cè». Dallaltra parte della piazza, per non lasciare sguarnito un «ingresso», cè Matteo Marcenaro, capopullman dellUdc di Savona prima che consigliere regionale. Sul suo labaro personalizzato «urla» a caratteri cubitali che quello striscione «sostituisce il gonfalone negato dalla Regione Liguria».
E si scopre che la figuraccia era ben nota anche oltre i Giovi, che mezza Italia ha seguito le capriole della sinistra per non mandare a Roma le sue insegne. Per mandarci solo una delegazione ufficiale. Che però chissà dovè. Dovrebbe farne parte, anzi ne fa parte, Roberta Gasco, che muove alla testa dei giovani dellUdeur portando con sé una gigantesca torta di polistirolo a cinque piani, su ognuno dei quali cè uno slogan a favore della famiglia. Ma dovrebbe essere con gli altri, con il vicepresidente della giunta Massimiliano Costa e con il vicepresidente del consiglio regionale Rosario Monteleone. Dovrebbe, eppure, difficile da credersi, non li vede. «Senza il gonfalone non è facile capire dove sono - sottolinea il tasto dolente quando sono già le 15 passate e la festa è cominciata -. Li ho anche chiamati al telefono, ma non mi rispondono. Ho visto Luigi Patrone, anche lui fa parte della delegazione, era qui con moglie e figlia, ma loro proprio no». Patrone, il capogruppo dellItalia di Mezzo, incontra anche Plinio e Saso, nonostante la folla sia immensa. «Anche lui ha guardato il nostro cartellone e ha sorriso - conferma compiaciuto Plinio -. Certo che è una figuraccia per la Liguria, viste quante delegazioni ufficiali ci sono oggi a Roma da tutta Italia». Saso ricorda anche laltro aspetto: «Oggi è soprattutto una festa spontanea, a difesa dei valori minacciati».
E infatti a San Giovanni ci sono anche le migliaia di liguri che non mangiano pane e politica, ma che per gridare la loro voglia di famiglia fanno tanti sacrifici. Da Savona è arrivata anche la signora Licia Giorello, che di anni ne ha 77, ma che non si è certo spaventata allidea della levataccia. «Mi sono svegliata alle 5 e torno alle 2 di notte - si sforza per far sentire la sua voce -. Sono felicissima di esserci, perché per difendere la famiglia è giusto fare questo e altro». Ha trovato posto su uno dei due pullman organizzati dallUdc, ma non ne fa una questione politica. Enrico Cimaschi è un altro capopullman, ma su uno di quei mezzi che non hanno bandiere politiche. Ed esulta: «Che giornata! Vivere questo Family day è stato come togliere la cortina fumogena che i media avevano messo intorno alla realtà della famiglia. Oggi è stata una festa di popolo. Festa spontanea che impone a tutte le persone impegnate in politica di smetterla con le timidezze ma di essere degni di questa gente, di questo popolo».
Così anche due sindaci liguri portano ladesione dei loro Comuni. Angelo Vaccarezza da Loano, in fascia tricolore dordinanza, è arrivato in aereo con il gonfalone. E ieri ha aspettato i suoi trenta concittadini che si sono fatti dieci ore di treno pur di non mancare. «Dalla provincia di Savona - dice Vaccarezza - si pensa arriveranno in 500. Credo che oggi in questa piazza si difenda la cosa più importante che c è dal mio punto di vista». Accanto a lui, il «vicino» e collega Marco Melgrati, primo cittadino di Alassio. Anche lui con la fascia e il gonfalone, si dimostra un privilegiato: «Massimiliano Costa? Sì, lho visto. Certo senza il gonfalone era come un manifestante qualsiasi, non so quanti possano sapere che è il vicepresidente della Liguria - sottolinea Melgrati -. Comunque la cosa più importante è questa straordinaria partecipazione».
Tra i gruppi, oltre alle decine di parrocchie liguri, ci sono anche i volontari del «Centro aiuto alla vita ingauno». A fare conti veri, forse, solo i liguri erano più di tutti i partecipanti alla contromanifestazione del «Coraggio laico».
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