Tra le fanciulle scalmanate Monicelli tifa per i rancorosi

Sono un tifoso moderato e occasionale, mi scaldo - senza eccessi - solo quando gioca la nazionale. Sicché, pur felice per la vittoria sui crucchi, ho vissuto con divertito distacco le gesta dei tifosi veri che lunedì notte si sono allegramente scatenati nelle piazze d’Italia. E però, a osservare sul Tg3 le facce più avvampate e a sentire le grida più scomposte, alla fine non ho potuto far a meno di ripensare all’epilogo grottesco di quel cupo film di Dino Risi, In nome del popolo italiano, 1972. Ricordate? L’onesto ma triste magistrato Tognazzi, dopo aver bruciato le prove che scagionano il corrotto ma (nel caso) innocente industriale Gassman, assiste rassegnato al carosello dei tifosi, molti dei quali incarnati «mostruosamente» dallo stesso Gassman, intenti a mettere a ferro e fuoco le strade di Roma per aver sconfitto l’Inghilterra.
Un moto di ripulsa, vagamente antropologico, ha attraversato come un lampo il cervello del sottoscritto, annullando perfino la simpatia istintiva, specchio di giovanile scalmanatezza, che prorompeva da quelle belle fanciulle in reggiseno, intente a sporgersi sorridenti dai finestrini delle auto imbandierate. D’un tratto, mi sono sentito antico, giudicante, anche un po’ moralista.

Poi, però, ho sentito il progressista Mario Monicelli teorizzare: «Preferisco di gran lunga i perdenti e i rancorosi a chi si accende di facili entusiasmi, contentandosi magari di due gol». D’un tratto, con tutto il rispetto che si deve al maestro valetudinario, mi sono riappacificato col tifo italiano che s’accontenta (e gode).

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