Fango contro don Gelmini: accusato di abusi sessuali

Terni, le presunte rivelazioni di cinque ex ospiti del suo centro da dove erano stati cacciati per una serie di furti. Poi la denuncia. I responsabili della Comunità incontro: "E' una vendetta». Il religioso respinge ogni addebito. "Descritto come un mostro, ma io li perdono"

Fango contro don Gelmini: 
accusato di abusi sessuali

nostro inviato a Terni
Sul cielo sopra Amelia, a venti chilometri da Terni, si addensano grosse nuvole nere. Uno dei volontari del Mulino Silla, il primo dei centri della «Comunità incontro» di don Gelmini, mentre i primi tuoni si fanno sentire, alza gli occhi e dice: «Non pioverà, non qui almeno. È solo il Signore che borbotta per lamentarsi di queste balle contro don Pierino». La notizia dell'indagine sul più celebre dei sacerdoti antidroga qui, nel cuore della sua multinazionale di recupero (sono oltre 200 i centri aperti in tutto il mondo dalla fondazione della comunità, nel 1963), non l'hanno certamente presa bene.
La procura di Terni ha aperto da qualche mese un fascicolo, affidato al procuratore Carlo Maria Scipio e al sostituto Barbara Mazzullo, per l'ipotesi di abuso sessuale. Un'accusa pesantissima, innescata dalla denuncia di cinque ex ospiti del centro di don Gelmini, di età compresa tra i 20 e i 30 anni, originari di Roma, della Campania e della Puglia. E proprio gli accusatori sono un po' il lato oscuro di questa indagine, a causa di alcuni trascorsi non esattamente idilliaci nella comunità. «Questi cinque che lo hanno denunciato - racconta un responsabile del Mulino Silla, chiedendo di restare anonimo - sono stati cacciati dalla comunità all'inizio del 2006. Avevano rubato bottiglie di vino, macchine fotografiche e altri oggetti, probabilmente per rivenderli. Ma li abbiamo scoperti. E, inevitabilmente, li abbiamo espulsi e denunciati ai carabinieri: un paio erano qui ai domiciliari, dunque sono pure tornati in carcere. Poi ecco che questi denunciano gli abusi. Vista la vicenda, mi sembra chiaro pensare a una vendetta». A Terni, in procura il no comment è d'obbligo. Il pm Mazzullo è al lavoro anche nel pomeriggio, ma nemmeno conferma (né d'altra parte smentisce) l'esistenza dell'indagine, nonostante lo stesso don Gelmini l'abbia fatto, dopo la pubblicazione della notizia sulla Stampa di Torino. Ma è già stato fatto molto lavoro a palazzo di giustizia. Sono stati sentiti, alcuni più volte, gli ex ospiti della comunità. Uno di loro, che ora è in carcere a Torino, nei giorni scorsi avrebbe messo a verbale altre dichiarazioni sui presunti tentativi di approccio del religioso nei suoi confronti. Si parlerebbe di «carezze», forse fraintese, avvenute in uno degli ambienti dove gli ospiti trascorrono i primi giorni del programma di recupero, una «stanza del silenzio».
Anche lo stesso don Gelmini, come ha rivelato l'avvocato Franco Coppi, che insieme a Lanfranco Frezza difende l'82enne sacerdote, è già stato interrogato dai pm umbri di fronte ai quali avrebbe respinto le accuse «con molta fermezza e serenità», spiega il legale. Quella stessa serenità che don Pierino ha voluto manifestare ieri, pur lamentandosi della «gogna mediatica», dichiarandosi pronto a portare questa «croce» e affermando di voler comunque continuare a lavorare «in mezzo ai miei ragazzi».
Un concetto ribadito dall'ex parlamentare Alessandro Meluzzi, che don Gelmini ha nominato «portavoce» per questa vicenda. «Siamo costernati ed angosciati - ha detto Meluzzi - ma lieti di portare la croce buttata addosso ad un uomo che per 82 anni anni ha sempre servito Cristo, la Chiesa e gli ultimi». L'avvocato Frezza, poi, ricorda che «non si può escludere» un tentativo di estorsione. Certo, per quanto emerso, le incongruenze in questa storia non mancano. Ed è ancora nella comunità di Amelia che fanno notare come i presunti «abusati» non siano bimbi inermi, ma uomini fatti. «Qui vivono almeno 70 persone, e ci parliamo tutti», spiega un altro volontario, mostrando un fax di solidarietà al «caro don» firmato «i ragazzi di Mulino Silla» che sta per mandare al centro di Piani di Zervò, sull'Aspromonte, dove don Gelmini resterà per tutto agosto.

«Un terzo della giornata - prosegue l'uomo - è dedicato al confronto, poi ci sono le frequenti visite dei familiari e degli assistenti sociali, soprattutto se si è qui ai domiciliari il controllo è forte: se fosse successo qualcosa lo avremmo saputo tutti, e quantomeno le presunte vittime avrebbero potuto raccontarlo. Magari prima di essere cacciati per furto».
(Ha collaborato Clero Bertoldi)

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