Oltre la notizia. Oltre il giornalismo. Dritto nel fantagiornalismo. L’affaire Fini, scoperto dal Giornale, ha scatenato tutti. Ma la corsa a strafare è a rischio scivoloni. E se a scivolare è la logica, smentita dai fatti, son dolori. Corriere della Sera di ieri, a tutta pagina, titolo su un colloquio tra Fini e il «cognato»: «L’ira sul signor Giancarlo: “Ma cosa hai combinato?”». Bello, bellissimo. Bello e impossibile. Già, perché tutto possono essersi detti al telefono il presidente della Camera e il «cognato» tra fine luglio e inizio agosto. Tutto tranne quello che viene messo in bocca a Fini, tra virgolette: «Ma mi vuoi dire che c... hai combinato con quell’appartamento?», quasi che l’affaire monegasco Fini l’avesse scoperto solo adesso. Come dimostra oggi il Giornale Fini sapeva da molto tempo, addirittura da prima che il «cognato» di quella casa prendesse materialmente possesso.
E dire che il Corriere in prima pagina ha il coraggio di fare le pulci a noi. Piero Ostellino scrive che facciamo una campagna politica e dubita che ciò sia giornalismo. Sarà, ma almeno non è fantascienza.
Altro esempio? Et voilà, Repubblica, che racconta la telefonata tra l’onorevole Niccolò Ghedini e Italo Bocchino, piena di virgolettati, scambi di battute, frasi pesanti. «Mai fatta», ha detto Ghedini. «Non ci siamo sentiti», ha confermato Bocchino. E noi dovremmo prendere lezioni di giornalismo da loro?
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