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Fantantonio o Sant’Antonio? «Cassano deve dare di più»

Forse se ne sono accorti in pochi ma stasera, a Lubiana, l’Italia giovane e anche un po’ provinciale di Cesare Prandelli ha a disposizione il primo match-ball per guadagnare, in largo anticipo sulle previsioni, il passaporto per euro 2012. Se ne sono accorti in pochi perché l’attesa sfiancante del derby di Milano e le schermaglie di calcio-mercato hanno monopolizzato l’attenzione dei media. In altri tempi, e con un altro ct, un tipo sanguigno, insomma uno come Marcello Lippi per capirsi al volo, ieri sera a Lubiana avremmo fatto i conti con una rumorosa intemerata destinata al disinteresse riservato al viaggio in Slovenia. Il ct bresciano invece, che ha modi educati e non ama le “sparate”, ha preferito parlare più al suo gruppo piuttosto che al grande pubblico distratto.
E forse ha scelto gli interlocutori giusti per esporre le sue tesi e disegnare gli scenari più attendibili. Perché la sua Nazionale, collaudata e lodata dopo il pari contro la Germania ottenuto solo un mese, stasera deve superare un vero esame di maturità internazionale. La classifica del girone, col primo posto saldamente in pugno e 10 punti collezionati, è al sicuro ma non è sufficiente. C’è bisogno di un colpo d’ala per staccare la Slovenia, a sorpresa concorrente numero uno per la qualificazione dopo il flop, clamoroso, della Serbia. Da quelle parti, in uno stadio-bolgia, esaurito da settimane, con una ridottissima rappresentanza di tifo italiano («se vogliono crearci problemi, pensino a Giappone e Libia» la chiosa del ct), la Nazionale non ha mai vinto rimediando anzi una dolorosa sconfitta (nel 2004) e un pareggio nemmeno esaltante (ai tempi di Sacchi, subito dopo il mondiale Usa ’94). Le assenze eccellenti (Ranocchia, De Rossi, Balotelli) non possono costituire un alibi. Con una difesa rimescolata (inedita la coppia delle due sentinelle laterali, Maggio e Balzaretti), e un centrocampo di spessore (Montolivo e Aquilani aggiunti a Thiago Motta, corpetto di protezione per Chiellini e Bonucci, coppia colabrodo della Juve), tutti i riflettori sono puntati sulla sagoma di Antonio Cassano, esponente di una razza molto discussa, genio e sregolatezza quindi. Le cronache di Coverciano lo hanno descritto molto nervoso e perciò Gigi Riva, suo antico precettore ai tempi di Lisbona 2004, gli ha molto parlato per sciogliere l’eccesso di tensione. «Antonio è nervoso perché sente la partita» la spiegazione terra terra fornita dal ct. Forse non è proprio così. È infatti possibile che Cassano patisca il suo modesto smalto spiegato anche dal ridotto utilizzo in maglia rossonera e dalla sosta di due mesi, inflittagli dalla Samp a fine 2010. La prossima paternità è una strepitosa eccitazione, non lo deprime certo, anzi lo galvanizza. È nel Milan che vorrebbe strabiliare, oltre che in Nazionale: non gli è mai piaciuto vivere di luci e ombre. Prandelli gli ha tolto il fardello dalla schiena: «Mi aspetto da lui e da Pazzini quello che di loro conosco». Già perché Cassano non è il solo a cui chiedere fantasia e assist. Al fianco di Fantantonio può tornare, dopo il sodalizio nella Samp, Pazzini che ha un ritardo clamoroso in fatto di gol azzurri (marzo del 2009, il precedente sigillo). Ritardo eccessivo per respingere la rivalità interna di Gilardino in panchina e quella esterna di Borriello che ha patito l’esclusione. «Da Antonio mi aspetto qualcosa in più ma non deve strafare, non è responsabile di niente» è l’altra raccomandazione di Prandelli, utilissima per convincere il pibe di Bari ad evitare giochi di prestigio e ossessivi dribbling, come gli è capitato per esempio contro Bari e a Palermo, disperdendo magari le energie preziose quando ha ricevuto tra i piedi la palletta giusta per fare centro.
«Abbiamo bisogno di una Nazionale generosa, organizzata, con spirito di squadra.

E se ci considerano una squadra di serie B, ricordo che ci sono anche le promozioni» è alla fine il moto d’orgoglio cui Prandelli ricorre per chiedere alla sua Italia, sprovvista di fuoriclasse, una prova super. Buffon, il capitano, è uno dei pochi. Agli altri è lecito chiedere corsa e determinazione.

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