Fare un cammino con gli altri verso la bellezza ha un forte potere educativo

di Stefano Zecchi

Trovo l’idea un po’ volgare. Pagare per non fare la coda è accettabile in casi particolari, anche se mi irrita vedere qualcuno che passa davanti. Però posso capirlo: ha i minuti contati per prendere un aereo, un treno. Il tempo è denaro, si dice, ed è inutile discutere la saggezza popolare: se poi ci aggiungiamo tutta quella serie di luoghi comuni che una piccola verità ce l’hanno, e cioè la frenesia dei tempi moderni, ecco che appare molto attuale la decisione degli Uffizi del doppio binario d’ingresso, purché si paghi di più.
Decisione in sintonia con la psicologia moderna di massa che viene sfruttata abilmente per fare cassa in questo periodo di magra. Meglio di così, verrebbe da dire. Allora, cosa c’è di sbagliato, addirittura di volgare? Mi sembra che sia un problema di educazione estetica, un’educazione che ha diversi livelli di comunicazione, dall’insegnamento della storia dell’arte a quello della sua fruizione, dal perfezionamento della sensibilità nella sua capacità di cogliere le differenze estetiche al modo in cui un museo deve offrire il proprio patrimonio alla collettività.
L’educazione che si riceve visitando una galleria d’arte è molto diversa da tutte le altre forme di educazione che riguardano il modo di comportarsi da soli o con gli altri. L’educazione estetica è essenzialmente legata al tempo, per così dire qualitativa e non quantitativa. Non è con la quantità di tempo dedicata all’arte che si sviluppa l’educazione estetica, ma con la qualità vissuta: può bastare un minuto per essere pervasi dalla bellezza di un’opera, oppure possono passare vent’anni. Dunque, il tempo. Se per prendere il biglietto del treno posso evitare la coda spendendo qualcosa in più, ho il vantaggio di andare in stazione più tranquillo: come si suol dire, ottimizzo il mio tempo. Ma cosa vado a ottimizzare nella visita di un museo? Mi si risponde: evito la seccatura di fare la coda e così ho anche più tempo per vedere le opere. E io replico: lascia perdere; fatti la coda come tutti i mortali, dedica del tempo senza acqua alla gola per vedere i quadri degli Uffizi e stai calmo ad ammirare opere straordinarie create dai geni della nostra civiltà. Se la qualità della visita dipende da quella ventina di minuti di attesa all’ingresso delle Gallerie, allora è meglio andare al bar ed entrare agli Uffizi quando si ha a disposizione mezza giornata. E poi, la coda non deve essere un fastidio: va presa come un’esperienza di umiltà. Insieme agli altri e come gli altri mortali mi metto in fila per rendere omaggio a chi ha lasciato un segno di bellezza su questa terra che tanto poco ama la bellezza.

Mi sbaglierò, ma la volgarità del costo in più del biglietto per la corsia preferenziale la colgo in questa frenesia di ottimizzare il tempo e in questa volontà di non procedere con gli altri, passo dopo passo, in un lento cammino rituale verso la bellezza. A questo punto svelerò, comunque, un segreto per non fare la coda agli Uffizi: ci si può prenotare. Molto più fine del pago-pretendo la corsia preferenziale.

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