La Farnesina convoca l’ambasciatore indiano: «Siete fuori dalle regole»

Il nostro governo ha deciso di alzare un po’ di più la voce per ottenere giustizia da quello indiano sul caso dei due fucilieri di Marina detenuti sotto l’accusa di aver ucciso due pescatori indiani scambiandoli per pirati. Il ministro degli Esteri Giulio Terzi ha convocato alla Farnesina l’ambasciatore di New Delhi, Debrabata Saha, per protestare contro il comportamento delle autorità indiane in questo vicenda, che ha definito nell’occasione «inaccettabile».
Terzi ha insistito con il diplomatico indiano perché faccia presente al suo governo, oltre che a quello dello stato di Kerala dove Massimiliano Latorre e Salvatore Girone sono trattenuti, «la fortissima preoccupazione» delle autorità di Roma «per il clima di tensione e il sentimento anti italiano che si registra in India e in particolare nella regione interessata». Il timore è che in un simile contesto sia difficile ottenere per i militari del reggimento «San Marco» detenuti a Trivandrum equità di giudizio.
Il ministro ha anche insistito sul rischio che l’inaccettabile episodio che vede coinvolti i nostri militari in India crei «un pericoloso precedente» nell’importante ambito del contrasto alla pirateria. Terzi teme che il trattamento inflitto ai marò italiani faccia scuola, e che rischi quindi «di essere invocato o esteso ad altre situazioni che vedono impegnati militari di un altro Paese all’estero».
Ribadito che l’Italia non lascerà cadere la tensione sull’argomento, ma al contrario continuerà a «sollevare la questione in tutte le sedi» internazionali, cercando quindi in sostanza degli alleati che ci aiutino a risolvere il problema, il nostro ministro degli Esteri ha sottolineato che il governo «non riconosce la legittimità» del procedimento giudiziario avviato nei confronti dei due marò, e questo «per carenza di giurisdizione», ossia perché il diritto internazionale prevede in casi come questo (che è avvenuto in acque internazionali) che i presunti responsabili di un reato vengano processati nel proprio Paese.
A tale proposito, l’Alta Corte del Kerala ha fissato a venerdì prossimo una nuova udienza per l’esame, chiesto dalla difesa di Latorre e Girone, dell’eccezione di giurisdizione: la sentenza è prevista intorno al venerdì successivo, 16 marzo, proprio a ridosso delle elezioni regionali nel Kerala, fissate per il 17 e il 18. Una coincidenza sospetta che ha fatto dire al sottosegretario Staffan De Mistura, che è in India per seguire il caso dei due militari del «San Marco», che «non possiamo essere ostaggi di logiche elettorali locali».
Tutto questo mentre si rimane in attesa anche dei risultati della cruciale perizia balistica effettuata sulle armi in dotazione ai fucilieri di marina italiani che gli indiani hanno sequestrato a bordo della petroliera «Enrica Lexie», perizia alla quale due esperti inviati dall’Italia hanno peraltro potuto partecipare solo a condizione di rinunciare a prendere la parola.
Il ministro Terzi ieri ha ricevuto alla Farnesina i parenti di Massimiliano Latorre e di Salvatore Girone, che erano accompagnati dal sindaco di Bari Michele Emiliano.
Intanto la stampa indiana continua a occuparsi della vicenda e in particolare del trattamento riservato ai due militari stranieri accusati dell’omicidio di due pescatori locali. I toni sono solitamente tra il critico e l’ironico, e particolare attenzione viene riservata al fatto che a Latorre e Girone sia stato concesso il privilegio di vedersi recapitare in prigione cibo italiano.

E sembra quasi uno scandalo che, dopo lunghi negoziati condotti dai nostri rappresentanti diplomatici con la direzione del carcere, siano stati provvisoriamente sistemati in una palazzina separata all’interno della prigione di Trivandrum, mantenendo il diritto (che i militari hanno in base al loro status) di indossare la divisa. E addirittura un ventilatore da soffitto nella loro stanza. Ma sarebbe meglio dire cella.

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