Il fascino della banalità: Time scivola sulla piazza

Folgorato dalle proteste, il settimanale Usa mette sullo stesso piano i manifestanti arabi e i black bloc di Roma e Atene. Non c’è nessun nuovo disegno politico nelle rivolte del 2011

Il fascino della banalità: Time scivola sulla piazza

È il fascino perverso della piazza. Chissenefrega per che cosa protesti, adesso. Basta che tu lo faccia. Senza volto, senza nome: l’uomo dell’anno per Time è il contestatore. Mezzo ara­bo nel pieno della sua ex Primave­ra, mezzo indignato anti Wall Stre­et: non ci sono né colori, né latitudi­ni, qui si elegge a modello di riferi­mento culturale e politico, chi s’ar­rabbia, chi contesta. Non c’è diffe­renza e non c’è ragionamento. Spiegano così, quelli di Time : «Un anno dopo che un venditore di frut­ta tunisino si è dato fuoco, il dissen­so si è diffuso in tutto il Medio Oriente, in Europa e Stati Uniti, ri­modellando la politica mondiale e ridefinendo il potere dei popoli». Così si mescolano le ansie di liber­tà di molti egiziani, tunisini, siriani con chi in quelle piazze anti-ditta­tur­a ci andava soltanto per manipo­lare migliaia di giovani in buonafe­de.

Così si equipara il manifestan­te pacifico anche se molto ideologi­co spagnolo con l’anarchico greco che ha incendiato decine di volte Atene. Così si mitizza anche chi quest’anno ha distrutto Roma,nel­la giornata più allucinante del 2011.

Time non resiste, senza differen­ziarsi neanche un po’ da tutti colo­ro che in questo 2011 non sono riu­sciti a restare freddi nei confronti delle proteste. La suggestione del­la piazza liberatrice e de­mocratica ha illuso il pia­neta, lasciandolo però og­gi orfano di un nemico ve­ro.

Perché se accomuni i dittatori sanguinari alla fi­nanza globale deragli per forza. È sciagurata idola­t­ria a prescindere nei con­fronti della protesta. È quel modo un po’ ridico­lo di appassionarsi al­l’idea che scendere per strada con cartelli, pietre oppure molotov, sia la ri­sposta.

Non c’è un nuovo dise­gno politico che sia uno nelle manifestazioni glo­bali che hanno caratteriz­zato il 2011.Non ce l’han­no avuto tutte le rivolte arabe che hanno portato al para­d­osso più volte ricordato di una di­minuzione della democrazia nei Paesi che in teoria sarebbero stati li­berati dai loro tiranni. Non c’è alcu­na novità concreta nella demagogi­ca contestazione dei ricconi della finanza da parte dei dimostranti di Occupy Wall Street o degli indigna­dos del resto del mondo.

Involontariamente o no, Time vota persona dell’anno chi ha con­tribuito al disastro della Grecia bloccando con scioperi e manife­stazioni un Paese che era già ab­bondantemente sull’orlo della bancarotta.

Inebriarsi del presunto vento di libertà e di cambiamento portato dalle piazze è la sconfitta del setti­manale che l’anno scorso aveva scelto il fondatore di Facebook co­me uomo dell’anno. Quella, al­l’epoca, era una scelta in contro­tendenza e quasi sorprendente: non per la popolarità, ma perché nell’esatto momento in cui Time lo sceglieva come simbolo Mark Zuc­kerberg er­a nel pieno delle polemi­che sulla sua perfidia, sulla sua ego smisurata, sul suo cinismo.

Non c’è nessun coraggio, ades­so. Scegliere un’entità senza identi­tà come quella del manifestante globale significa andare sul sicuro: ti piace vincere facile? Tutti si sono fatti affascinare dalle piazze, bene facciamolo anche noi, ma non pre­occupiamoci di selezionare que­sto o quel personaggio, facciamo­lo senza selezionare davvero. Tutti e nessuno,nessuno e tutti.L’aveva­no già fatto nel 2006, quando aveva­no scelto come persona dell’anno «Tu», cioè noi.

Sembra la stessa co­sa, però non lo è: il manifestante è una categoria impersonale,l’uma­nità intera, invece non ha classifi­cazioni. È la differenza che c’è tra non scegliere e scegliere. La piazza è banale, ovvia, scontata. Allora tanto valeva votare Julian Assan­ge. Insopportabile e furbo, almeno era una vera scelta.

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