Il fascino firmato Kartell è il grande successo di un’azienda di plastica

La guardi e la riconosci: se è trasparente e non ha età è La Marie, la sedia simbolo di Kartell. Qualità ed emozione, creatività applicata alla produzione industriale: ecco come plasmare l'invisibile e sdoganare sua maestà la «plastica» da materiale cheap ad oggetto culto in mille fogge e colori. A fare del policarbonato un'arte e un successo planetario ha pensato l'azienda di Noviglio, fondata nel 1949 da Guido Castelli. Dal 1988 in regia c'è il genero Claudio Luti ed ora anche i figli, Lorenza e Federico. Lui, dopo una prima manche di vita nel mondo della moda accanto a Versace, è stato interprete del «new deal» di Kartell: «Continuare a fare innovazione e grande qualità applicata a prodotti industriali».
Fu amore a prima vista con i più noti designer, in primis Philippe Starck, che compresero il potenziale emozionale di quella plastica così «maltrattata» negli Anni Ottanta. Già, la collezione Kartell si rinnova ogni anno con 14 pezzi, al ritmo di una new entry al mese, senza dimenticare le «vecchie» creazioni. «I nostri prodotti - spiega Luti - devono essere duraturi, di moda, senza passare di moda». La semplicità e l'immediatezza dell'appeal sono alla base del successo del brand che è sbarcato in 124 paesi con 130 flagship store e 300 negozi shop in shop. «Il mondo oggi è più piccolo e va velocissimo: la forza del nostro brand, oltre al prodotto è anche nella nostra capacità di distribuirlo, con le stesse garanzie a Milano come Sydney o Shangai». Già, la Cina, ecco la vera sfida: oltre ad evitare di venire copiati, in Oriente anche il colosso Kartell avvertirebbe il bisogno di un maggior sostegno delle istituzioni: «Non economico, ma di relazioni: è una realtà complessa, occorre fare sistema», spiega Luti. Per un marchio che trova nell'export il suo Dna il retail è fondamentale: «Nei nostri negozi - spiega Luti - non devono entrare solo architetti e addetti ai lavori, siamo a metà strada fra il bene di consumo e quello di lusso, per questo innoviamo in continuazione».
Ma alla base dell'impresa c'è una regola che Luti ha appreso proprio da Vico Magistretti. «L'architetto si fa da solo, il designer è un mestiere a due». Per Kartell, infatti, imprescindibile è il dialogo continuo con i designer, una squadra scelta personalmente da Luti. «Ci incontriamo ogni mese». I giovani? «Quando vengo invitato in qualche università di solito deludo chi mi chiede come fare a disegnare per noi».

Io chiedo esperienza, uno stile già formato perché disegnare per Kartell, così come per un processo industriale, non è come disegnare per altri. «È un incontro, un'alchimia». Impalpabile e bellissimo, come plastica, appunto.

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