Fassino innesca la bomba Partito democratico

Laura Cesaretti

da Roma

«Nessuno mette in discussione che il leader dell’Ulivo è Romano Prodi». A sera, quando la polemica sta già montando nelle dichiarazioni pubbliche e negli scambi di telefonate private, arriva la precisazione del portavoce di Piero Fassino, Roberto Cuillo.
Il governo non è ancora decollato, e già la contesa sul partito democratico si sta aprendo nel triangolo Fassino-Rutelli-Prodi. A smuovere le acque di una domenica apparentemente tranquilla è il segretario della Quercia, che - intervistato in tv da Lucia Annunziata - lancia l’idea di primarie per la leadership del futuro partito: «L’importante è che nessuno pensi che il leader dell’Ulivo venga scelto in una stanza da 10 capi partito. Questo con me non accadrà», assicura. E ricorda: «Le primarie le abbiamo fatte per investire Prodi, e dopo quell’esperienza credo che nessuno possa pensare che la leadership né dell’Ulivo né di chi deve guidare la coalizione possa essere scelta in altro modo». Al progetto del partito democratico, promette Fassino, «mi dedicherò a tempo pieno e con dedizione, anche per rendere più efficiente l’azione di governo: c’è un rapporto strettissimo tra le due cose». È quello che il segretario ds aveva spiegato nell’annunciare la propria rinuncia ad entrare al governo, lasciando il passo a D’Alema. Scelta costosa, ma giustificata proprio dall’obiettivo di tenersi le mani libere per guidare la transizione verso il nuovo contenitore dal ponte di comando della Quercia. Dai ds era anche venuta a Prodi nei giorni scorsi la sollecitazione a formalizzare in qualche modo il ruolo di Fassino, con un’investitura ufficiale a capo della «cabina di regia» che dovrebbe decidere le tappe di realizzazione del progetto. Finora però quella formalizzazione non c’è stata e il discorso si è arenato nelle more delle convulse trattative di governo. Anche perché gli altri attori della partita (e sono tanti) non hanno alcuna intenzione di ipotecare future leadership. Prodi è convinto che Palazzo Chigi, e dunque lui e la rete di ulivisti che ha piazzato in posti chiave, da Parisi a Letta ad Amato, sarà l’unico vero centro motore della politica dei prossimi anni. Rutelli e D’Alema vogliono giocare le proprie carte dal governo, Veltroni lo farà dalla vetrina del Campidoglio, Dario Franceschini dalla testa del principale gruppo parlamentare. Il rischio per Fassino è di ritrovarsi a tirare la carretta del suo partito e di quello futuro, lontano dai riflettori governativi, per poi dover cedere il passo a qualcun altro. Così ha tenuto a ricordare che anche lui ha intenzione di giocare da protagonista, e che la forza dell’esecutivo dipenderà anche dal suo lavoro politico e dal suo investimento sul futuro partito democratico. Prodi ha finto di non saper nulla dell’esternazione di Fassino, e ha fatto mostra di cadere dalle nuvole: «Me lo state dicendo voi adesso». Mentre Rutelli si è affrettato a precisare che «il leader del partito democratico c’è già, ed è Romano Prodi che ha già vinto le primarie». Ma ha anche teso una mano a Fassino, aggiungendo che il partito democratico sarà «la principale struttura politica di sostegno» al governo, e che occorrerà «rafforzarlo creando nuove responsabilità». Il che viene letto come un’apertura a ruoli di coordinamento da affidare al segretario ds.

Il socialista Villetti però mette il dito nella piaga: «Siamo preoccupati per la contesa apertasi tra Fassino e Rutelli sulla leadership, accantonando di fatto Prodi. Si tende a fare dell’Ulivo una mera camera di compensazione degli interessi tra Margherita e ds».

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