«Fateci il test del Dna Noi cinesi discendenti della legione romana»

«Fateci il test del Dna Noi cinesi discendenti della legione romana»

A scuola la chiamano «capelli gialli». Gu Meina è bionda e i suoi genitori, ormai, si sono rassegnati. Quando era appena nata, sei anni fa, suo padre Jianming non ci credeva: come poteva essere sua figlia? Lui è cinese, sua moglie pure. Abitano a Liqian, nel Nord-Ovest del Paese, quasi al confine col deserto del Gobi. Allora, quando aveva soltanto un mese, hanno provato a rasarla a zero: niente, quei capelli sono rimasti sempre biondi. Poi qualcuno ha detto a Gu Jianming che la spiegazione, forse, era da un’altra parte: un po’ nella storia, un po’ nella leggenda. Di quelle che ti danno la forza di andare a scuola e rispondere: «Sì, perché io discendo dai Romani». Gli antenati della cinese bionda sono gli uomini di Crasso, quella legione perduta nelle regioni d’Oriente, nel 53 avanti Cristo. Legione leggendaria, anche se molto barbara e poco romana. E questo spiega i capelli gialli.
Gli abitanti di Liqian e dintorni sono diventati un laboratorio: 93 di loro hanno accettato di far esaminare il loro Dna, per scoprire chi siano davvero i loro antenati. C’è già chi ha messo le mani avanti, come il genetista Xie Xiaodong: «Anche se fossero davvero i discendenti dei Romani - ha spiegato al quotidiano britannico Telegraph - non è detto che i loro avi siano proprio quei legionari». Quelli che, dopo la battaglia di Carre, sono scomparsi. Era il 53 avanti Cristo: Crasso, triumviro con Cesare e Pompeo, affronta i Parti. Ha quasi 40mila soldati, perde: per metà (incluso Crasso) è un massacro, diecimila si salvano, altrettanti sono catturati. Poi però nessuno ne parla più, per 17 anni. Fino a quando, nel 36 avanti Cristo, a ZhiZhi (che oggi è l’uzbeka Dushanbe), l’esercito degli Unni si scontra con quello della dinastia cinese Han. Nelle schiere unne compaiono 150 uomini, che combattono «a squama di pesce». Per Homer Dubs, studioso di storia cinese a Oxford, è la testuggine delle falangi romane, quegli uomini sono i legionari perduti di Crasso. Sono loro i fondatori di Liqian, la città cinese dove gli abitanti sono alti, hanno i capelli biondi e gli occhi azzurri. È la sua tesi, fin dalla metà degli anni Cinquanta. Ma nella Repubblica Popolare fa fatica a filtrare: gli stranieri è meglio che rimangano fuori, anche se morti e, a Liqian, la leggenda dei legionari e delle origini romane è solo sussurrata. «Siamo poveri, non sappiamo nulla dei nostri avi - ha raccontato Gu Jianming a Richard Spencer del Telegraph - prima non avevamo mai pensato di discendere dai Romani». E invece sono arrivati gli scienziati, coi campioni di sangue e con le tecniche da telefilm. Cai Junnian, occhi verdi e pelle rosea, dice che l’hanno soprannominato «Cai Luoma», cioè «il Romano». È andato persino al consolato italiano a Shanghai, per incontrare i parenti lontani dei suoi remotissimi antenati. Un po’ di kitsch che tocca anche al nome della città: «Liqian» sarebbe la versione cinese dell’antica Alessandria. C’è la via della città imperiale, dove sorge anche il «Bar karaoke di Cesare».

E nel capoluogo di provincia, Yongchang, i visitatori sono accolti da tre statue: una donna musulmana, un allievo di Confucio, un legionario romano. Porte aperte agli avi stranieri, agli scienziati e al turismo: gli eredi dei romani sono quasi ovunque, la leggenda è già business.

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