(...) Il giornale on line della Diocesi ricorda che la situazione di grave disagio si trascina da tempo: «Da anni la società milanese più impegnata, a partire dalla Chiesa ambrosiana nelle sue diverse articolazioni, ha lanciato lallarme. Eppure la situazione non è certo migliorata». Al contrario: «Ogni tanto ci scappa il morto, come nel caso di Sesto Giovanni».
La morte di Marian Danila, il quattordicenne rumeno morto nellincendio della sua abitazione, «non è un caso isolato, putroppo: è il quarto morto negli ultimi quattro anni». Il settimanale della Diocesi riporta la denuncia di don Massimo Mapelli, uno dei responsabili della Casa della Carità: «Dopo la morte del giovane rumeno Marian, nella bidonville è tornato tutto come prima». Ricorda don Massimo Mapelli che «sono state spese belle parole, le autorità hanno rilasciato dichiarazioni commoventi, si è parlato di integrazione. Discorsi che lasciano il tempo che trovano». Decine di compagni di Marian, racconta il sacerdote, si sono presentati chiedendo ospitalità, ma lo spazio insufficiente ha costretto i responsabili della Casa della Carità a rimandarli indietro.
La denuncia del settimanale della Diocesi si allarga a molte altre zone di Milano, definite senza troppi giri di parole favelas, che ospitano non solo rom ma anche rifugiati che chiedono asilo, persone in stato di povertà, rumeni, ucraini, nordafricani. «È forte la nostra indignazione, perché continuano a esserci situazioni in cui si costringe la gente a vivere come topi tra i topi» dice suor Claudia Biondi, della Caritas ambrosiana.
Ormai da tempo le parole dellarcivescovo vanno verso la richiesta di soluzioni di convivenza che rifiutino e condannino i comportamenti criminali senza dimenticare gli ultimi degli ultimi.
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