La gestione virtuosa della crisi economica mondiale finita come un macigno tra le ruote del calcio può e deve partire dagli stipendi assicurati ai calciatori. L'idea di Silvio Berlusconi, che è poi una segnalazione ricorrente per uscire dalle curve, deve promuovere un dibattito aperto e consentire al sistema di mettersi in traiettoria con l'obiettivo dei prossimi anni. Conterà avere i conti in ordine, il bilancio senza perdite clamorose, ripianate magari dall'azionista o dal mecenate, per poter ricevere la licenza della Champions e magari anche l'iscrizione ai campionati domestici. Questa è la soluzione approntata da Platini e dall'Uefa. È vero: stabilire d'autorità un tetto agli stipendi non è possibile ma nel frattempo gli stessi interessati (chiedere a Cannavaro, Ibrahimovic ecc.) hanno cominciato a scoprire come sia difficile accasarsi di questi tempi senza una riduzione cospicua dei propri emolumenti. E allora bisogna battere una strada diversa che passa attraverso il bilancio della società: può spendere quello che fattura, tra sponsor, biglietteria, diritti televisivi e merchandising che pure, tranne che in Inghilterra, non costituisce una voce decisiva.
L'obiettivo non è solo rimettere in sesto club che da anni - basta fare l'elenco delle prime 8-9 società in Europa e non si sbaglia - continuano a macinare deficit. E nemmeno consentire alle provinciali di concorrere alla pari per vincere titoli. No, l'obiettivo è anche quello di «bonificare» l'ambiente. Specie dalle nostre parti, come hanno dimostrato alcune indagini della magistratura, il calcio è stato utilizzato come lavanderia per affari poco nobili: di qui la denuncia e l'appello del procuratore Grasso.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.