Febbre in procura: "Usciranno nomi grossi"

Vallettopoli-bis. Indiscrezioni: pagate cifre a cinque zeri per ritirare le foto scomode, domani forse riprendono gli interrogatori. Lele Mora: "Se quelli sono reati allora vanno chiusi tutti i giornali e tutte le agenzie fotografiche"

Milano Dice Lele Mora: «Guardi, io di questa inchiesta non so niente e spero di non sapere niente. Però è un mondo con cui ho avuto, come è noto, molto a che fare. E le garantisco che se dovessero stabilire che questi sono reati, dovrebbero chiudere tutti i giornali e tutte le agenzie fotografiche d’Italia. Perché il sistema delle foto fatte sparire dalla circolazione è nato insieme all’invenzione della macchina fotografica, o appena dopo».
Di Lele Mora, l’agente delle dive e dei tronisti, incriminato nella prima fase dell’inchiesta su Vallettopoli e poi prosciolto con formula piena (ma senza scuse), inevitabilmente si ritorna a parlare oggi, con la partenza scoppiettante dell’inchiesta Vallettopoli-bis. Se ne riparla di sfuggita, di rimbalzo: come quando una delle rappresentate di Mora, la procace e disinibita Nora, ex della Pupa e il Secchione, viene indicata (ma lei smentisce e annuncia querele) come una delle esche utilizzate per attirare a portata di teleobiettivo vip e mezzivip. Immagini, poi, fatte sparire a pagamento, grazie ai buoni uffici di agenti fotografici e giornali.
Cose sempre successe? «Assolutamente sì - racconta Lele Mora - io personalmente ho pagato innumerevoli volte per fare sparire delle foto. Le foto di Simona Ventura mi sono costate 250mila euro, messi di tasca mia e che nessuno mi ha mai ridato. Ma cosa devo fare? Se un mio artista fa una scappatella e i fotografi lo beccano, è meglio lasciare che la sua vita e la sua famiglia vengano rovinati, o tirare fuori qualche soldo? Non è un ricatto, non è un’estorsione, è un mutuo accordo. Personalmente ritengo che se Piero Marrazzo avesse pagato quello che gli chiedevano sarebbe ancora governatore del Lazio. Secondo me i segreti, i vizi e le virtù che si consumano nelle mura di casa, devono restare segreti. E i segreti che mi vengono confidati verranno nella tomba con me, perché sono come un prete in un confessionale».
Mora non è stato convocato a testimoniare a Milano, dal pm Frank Di Maio, e non è affatto detto che gli tocchi. Ma il mondo su cui la Procura sta scavando è esattamente quello descritto da Mora: un mondo dove le vittime e i colpevoli, i ricattati e i ricattatori, forse non hanno più nemmeno la percezione dei reati che vi si consumano. Ma che reati restano. Così anche questa inchiesta va avanti. E anche questa volta, si può giurare che a uscirne massacrati saranno, prima dei colpevoli, proprio le vittime. Le cui debolezze diventeranno presto o tardi di pubblico dominio.
È quanto già accaduto con Lapo Elkann, clamoroso déjà vu dell’indagine, ed è quanto accadrà con i nomi ancora segreti. «Sono nomi talmente grossi che non possiamo dirvi niente», si dice ieri nei corridoi della Procura di Milano, e questo - come si può immaginare - ha come unico effetto mandare in fibrillazione tutte le redazioni, scatenando una nuova ondata di voci, indiscrezioni e anche semplici supposizioni sull’identità dei «personaggi talmente grossi» da non poter essere nominati, dei vip finiti nella rete dei fotografi, e costretti a sborsare cifre a quattro e cinque zeri per non vedere le foto pubblicate dai giornali.
Ieri si rincorre per tutta la giornata la voce che siano iniziati gli interrogatori di alcune di queste vittime. Si dice che almeno uno dei personaggi sotto ricatto sia stato interrogato dal pm Frank Di Maio per sapere da chi e a quali condizioni gli venne offerto di fare sparire le foto imbarazzanti. In serata la Procura smentisce. Ma se non è già iniziata, la sfilata dei testimoni sta per cominciare, secondo un programma stabilito ieri dal pm Di Maio insieme al suo superiore gerarchico, il procuratore aggiunto Edmondo Bruti Liberati. Forse già domani, come ipotizza Fabrizio Corona prevedendo sfracelli. Di sicuro in località protetta, per evitare - nei limiti del possibile - l’assalto dei media.
Poi, finita la prima ondata di interrogatori delle vittime, potrebbero partire le nuove incriminazioni: fermo restando che nell’ipotesi della Procura c’è anche un «secondo livello» di questo universo.

È quello dei direttori di giornale, indicati da più di un testimone come i veri registi del mercato delle foto. Un direttore con decenni di carriera alle spalle sarebbe nel mirino anche per le società attraverso cui gestirebbe i suoi affari privati.

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