Cronaca locale

Fedeli e malati in preghiera «È un’emozione fortissima»

La carrozzina viene spinta velocemente e si fa largo tra i pellegrini che escono a frotte dalla basilica di Santa Maria Ausiliatrice, dove il cardinale Tettamanzi, insieme ai vescovi ausiliari, ha appena concluso la messa. L’uomo curvo, quasi rattrappito, viene amorevolmente accudito da più persone. Porta lo zucchetto color porpora e veste la talare nera con la croce pettorale, ma nessuno sarebbe in grado di riconoscerlo: è il cardinale Giovanni Saldarini, 85 anni, originario di Cantù, già vescovo ausiliare di Milano, promosso nel 1989 arcivescovo di Torino, dove è rimasto per dieci anni, prima di ritirarsi per motivi di salute e di tornare a Milano. È stato il suo successore Poletto a desiderare che anche lui fosse presente, nonostante ormai non sia più in grado di muoversi e non sia neanche più cosciente. Trasportato a braccia dalla sedia a rotelle all’auto, smagrito e ripiegato su se stesso, è un esempio eloquente di quella «Passio hominis», di quella sofferenza umana che è protagonista in modo speciale qui a Torino in questi giorni di ostensione della Sindone, ma che ha la sua «capitale» permanente nella cittadella del Cottolengo.
Tra coloro che sfilano davanti al sacro telo – si calcola che nei due milioni di pellegrini previsti durante l’ostensione almeno 50mila siano provenienti dalla diocesi di Milano – ci sono molti ammalati. Una di loro, Maria, immobilizzata da anni, appena scesa dalla rampa d’uscita del Duomo, dice: «Per me è stata un’emozione grandissima, quell’immagine colpisce al cuore: ha le stesse piaghe di Gesù che ci descrivono i Vangeli. Io credo che quello sia il lenzuolo che ha avvolto il Signore. Mi colpisce vedere impressa in quel telo tutta la sofferenza che ha patito il crocifisso. Non si può rimanere indifferenti, non si può non cambiare vita dopo aver visto quell’immagine».
Parole che riecheggiano quelle pronunciate nel pomeriggio dal cardinale Poletto, nell’incontro con i milanesi. Dopo aver ricordato che Giuseppe d’Arimatea aveva provveduto alla sepoltura di Gesù e aveva portato un lenzuolo per avvolgerne il corpo, dice: «È quello stesso lenzuolo che con altissima probabilità è la nostra santa Sindone. Non c’è la certezza assoluta, toccherà agli scienziati e agli storici seri stabilire, se ne saranno capaci, la sua autenticità, ma per noi la questione è relativa perché la nostra fede non si fonda sulla Sindone bensì sui Vangeli».
I pellegrini ambrosiani hanno atteso con pazienza il loro turno, sfilando lungo tutto il percorso che inizia nei giardini reali e si conclude davanti alla Sindone dopo circa un’ora.

Ferrea l’organizzazione, visti i numeri – peraltro inattesi – dei partecipanti, ognuno dei quali faceva riferimento a un responsabile che teneva bene in vista una vistoso cartello bianco in plastica, a forma di paletta, con il numero del pullman corrispondente.
AnTor

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