«Normale dialettica», giura il ministro dell’Interno Roberto Maroni che preferisce smussare le tensioni degli ultimi giorni tra Pdl e Lega. Sempre più visibili, se dopo la crociata su Malpensa, le bacchettate sul Pdl e gli stop and go sulla riforma della giustizia, ancora ieri il Carroccio ha scelto la linea del movimentismo. Non solo a parole ma anche nei fatti.
Pur senza dare troppa importanza al voto di un ordine del giorno, infatti, complice l’astensione della Lega il governo è andato sotto su una mozione del Pd che consente ai comuni di derogare al patto di stabilità, l’ultima - in ordine di tempo - delle crociate lanciate dal Carroccio. Tanto che il capogruppo alla Camera Roberto Cota non esita a definirlo «un segnale». Che arriva «del tutto inaspettato», spiega il vicepresidente dei deputati Pdl Osvaldo Napoli, proprio all’indomani del lungo faccia a faccia tra Berlusconi e Bossi.
Nonostante i chiarimenti e le rassicurazioni, insomma, il Carroccio continua a seguire la linea movimentista che sempre più nelle ultime ore sta portando a una contrapposizione tra quelli che nelle semplificazioni della politica vengono definiti il partito del Nord e quello del Sud. Da una parte, ovviamente, la Lega; dall’altra quei settori di Forza Italia e An più sensibili alle ragioni del Mezzogiorno e il ministro degli Affari regionali Raffaele Fitto; in mezzo - come sempre a mediare - il Cavaliere. Che pare non abbia affatto gradito la sortita in Aula del Carroccio. D’altra parte, neanche ventiquattrore prima, si era a lungo parlato con Bossi della deroga per Roma al rispetto del patto di stabilità e dell’utilizzo dei fondi del Fas (Fondi aree sottoutilizzate, per lo più destinati al Sud) che, secondo Fitto, troppo spesso sarebbero stati utilizzati impropriamente. E invece di prima mattina ci si è messa la Padania («I sindaci leghisti sul piede di guerra», il titolo che troneggiava tra pagina 2 e 3) e più tardi il voto alla Camera. Più che su tante altre questioni, dove magari la Lega si è trovata ad affondare con l’obiettivo di ottenere un tornaconto sotto il profilo della comunicazione, quello dei sindaci è infatti un tema che scotta anche per Bossi. Che pur essendo del Carroccio il leader incontrastato sì è ritrovato a sorbirsi le lamentele dei sindaci di tutto il Nord, dal veronese Flavio Tosi a quelli dei piccoli comuni. Anche per questa ragione il Senatùr si sarebbe lamentato con Giulio Tremonti che - raccontano a via Bellerio - non l’avrebbe messo al corrente della deroga per Roma. Anche se, insiste Napoli, «troppo spesso» e «per ragioni elettorali» la Lega «si sveglia con un po’ di ritardo». L’ha fatto sul patto di stabilità dei comuni, «problema da me sollevato già a novembre». E pure su Air France, perché «hanno dato fuoco alle polveri dopo un mese di silenzio e quando l’accordo con Cai era ormai chiuso».
Nei tanti incontri della giornata a Palazzo Grazioli, Berlusconi dice di «capire» le ragioni di Bossi ed «esclude problemi con la Lega» perché «l’alleanza è solida». E in questo senso va il via libera delle commissioni del Senato - con l’astensione di Pd e Udc - del ddl sul federalismo fiscale. Ma il premier è anche cosciente del rischio che la contrapposizione tra partito del Nord e partito del Sud si irrigidisca in vista della tornata elettorale di giugno. Per questo durante un pranzo con i cosiddetti quarantenni (c’era tra gli altri i ministri Alfano, Gelmini, Carfagna e Fitto insieme a Lupi e Ravetto) raccomanda loro di «attrezzarsi». «Serve - spiega Berlusconi - una maggiore presenza al Nord ma anche più attenzione per il Sud».
La giornata del Cavaliere, però, è dedicata anche al futuro del Pdl. Di cui si parlerà oggi, quando il premier e Gianfranco Fini si incontreranno alla Camera per un pranzo dopo che ieri si sono sentiti al telefono per la prima volta dagli auguri di Natale.
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