I più generosi, di solito, gli dedicano una vittoria, forse due, poi si dimenticano di mamma e papà e degli amici e delle persone importanti che li hanno accompagnati per mano lungo il viale del successo. È la psicologia del campione, l’approccio tipico del fuoriclasse che all’inizio poggia il proprio talento sulle fondamenta di un’esistenza semplice che viene via via smantellata quando l’autoconsacrazione dilaga.
Valentino non fa e non ha fatto così. Anzi, per dare più peso a questo suo bisogno di fondamenta solide, amicizia vera e persone fidate, Valentino ha ieri dedicato alla gente semplice della sua vita la vittoria numero cento e con essa l’intera carriera spesa a trecento all’ora. In questo modo ha trasformato una fredda benché fenomenale statistica nel riassunto di una vita. Durante il giro d’onore di Assen, Valentino non ha solo sventolato il numero 100, non ha inscenato gag o altro, ha invece voluto idealmente e fisicamente accanto a sé le persone che di questi trionfi sono state le fondamenta. A bordo pista non c’era solo la bandiera col numero magico, c’erano le immagini dei trionfi, decine di foto letteralmente srotolate dagli amici cresciuti o invecchiati che lo seguono da quattordici anni.
Perché Vale è un pianificatore innamorato del dettaglio e dotato di un grande senso della riconoscenza che l’ha spinto a far srotolare la propria carriera a quelle stesse persone che per anni hanno vissuto arrotolate con lui. Poi ha messo i puntini sulle “i”, ha fatto nomi e cognomi, partendo da Graziano, il suo babbo, dalla mamma, dal tecnico che lo segue dal 2000, Jeremy Burgess, quindi ha aggiunto un «soprattutto» che se l’avesse scritto sarebbe stato sottolineato tre volte tanto era rimarcato. «Soprattutto», ha detto, «ringrazio chi mi è stato sempre accanto, Uccio, Alby...» e via con altri nomi. Certi suoi colleghi - anche di altri sport - ben prima di raggiungere quota 100 vittorie non avrebbero Uccio o Alby per amici ma Brad Pitt e George Clooney, e dedicherebbero l’ennesimo trionfo a Dolce & Gabbana, non ai ragazzi della «compa» di Tavullia.
I più generosi, di solito, dopo una vittoria dicono “brava” anche alla loro squadra, perché «che gran moto mi avete dato ragazzi» e perché la messa a punto era perfetta. Frasi di rito, quasi fossero scritte sul contratto. Valentino non fa e non ha fatto così.
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