Roma

Una fermata d’autobus a discrezione

Massimo Malpica

Il sole picchia duro su piazza Venezia. Alla fermata «Ara Coeli» turisti e romani si proteggono la testa con giornali e cartine, scrutando sulla palina dell’Atac le destinazioni degli autobus. Non c’è una pensilina per ripararsi, ma negli occhi dei turisti, per quanto abbacinati dal marmo bianco del Vittoriano, brilla un certo ottimismo sull’efficienza dei trasporti pubblici romani. Sono le 16 di un venerdì di fine giugno, a pochi metri decine di stranieri accaldati si concedono un pediluvio nelle fontane della «macchina da scrivere», mentre il gruppo in attesa dei bus si limita a buttare un’occhiata rapida alle rovine dell’insula romana lì accanto, o chiede informazioni su come arrivare in piazza di Spagna. «Da qui vanno bene la C3, il 95, il 160 e il 175», snocciola sicuro un habitué del trasporto pubblico capitolino. Passano i minuti, passa anche un 170 che carica il suddetto «cultore della materia» e tre fortunati passeggeri, e poi, finalmente, ecco all’orizzonte la rassicurante sagoma di un «160», accolta dai sorrisi sollevati del gruppo in attesa sotto il sole impietoso. Ma la gioia si trasforma in perplessità quando l’autobus, invece di accostarsi al marciapiede, accodandosi alla «botticella» che sta passando in quel momento, si allontana verso il centro della carreggiata. Decine di mani si alzano, invano, per richiamare l’attenzione dell’autista che ignora bellamente la fermata e prosegue la sua corsa verso piazza Venezia. Il conducente butta una rapida occhiata, ma non sembra interessato a raccogliere nessuno. Magari perché pensa che quel gruppo di persone sia lì solo per abbronzarsi. Più verosimilmente perché è impegnato a parlare al cellulare e la conversazione, per quanto poco compatibile con il codice della strada (nemmeno l’ombra di un auricolare), dev’essere più interessante della «banale» operazione di carico-scarico dei passeggeri. I quali ultimi, per la verità, non sono dello stesso parere, e rimasti a terra manifestano in modo colorito la propria indignazione. Due turiste restano a bocca aperta, una famiglia decide che i piedi sono più affidabili e parte in marcia verso il centro. «È assurdo, che hanno fatto, una fermata discrezionale?», si domanda una signora, prossima come tutti alla disidratazione.
Per non lasciare impunita la beffa scatta il piano-delazione: sulla palina c’è il codice fermata (70519) e un telefono al quale segnalare i disservizi (0646954170). Giustizia è fatta, anzi no: il numero non è più attivo (segnatevi il nuovo: 0646952027). Non resta che attaccarsi al tram.

Sempre che, almeno quello, si fermi.

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