Fermi molti dei bus a metano acquistati contro lo smog

Marco Morello

I romani devono essere affetti da una forma contagiosa d’amnesia collettiva. Si spiega soltanto così l’indulgenza dimostrata verso i ritardi e le contraddizioni che i vertici delle aziende di trasporto pubblico propongono come farmaco alle regolari inefficienze del settore. Dopo i pulmini per disabili «custoditi» a Grottarossa da più di tre anni, le ferrovie metropolitane ferme per mancanza di personale, il tram che sparisce dai binari dal lunedì al venerdì per risorgere dal nulla nel weekend, la nuova tappa del nostro catalogo estivo dei disservizi riguarda i bus a metano. Sono pochi e ne circolano ancora meno.
Il programma di «mobilità sostenibile» voluto dal Campidoglio ha previsto tra il dicembre 2005 e il febbraio 2006 l’acquisto di 400 veicoli, ciascuno dei quali vale 247mila euro. L’esborso totale, Iva esclusa, è stato di 98 milioni, ai quali se ne sono aggiunti altri 5 per la realizzazione di una rimessa dedicata a Tor Pagnotta. Per la metà di questi è già previsto un finanziamento, suddiviso tra la Regione Lazio (34 milioni), il Comune (18 milioni) e il ministero dell’Ambiente (1 milione). Lo sforzo, seppure importante, sembrava giustificato: questi mezzi, costruiti dal consorzio italo-francese «Irisbus», riducono le emissioni di gas nell’aria, sono più silenziosi ed economici di quelli a gasolio: percorrono infatti un tratto di 100 chilometri con appena 20 euro, contro i 44 dei diesel.
La consegna dei mezzi era fissata a un ritmo di 30 al mese. A conti fatti da gennaio a oggi ne sarebbero dovuti arrivare 210. La realtà, come sempre succede in questo settore, non contempla però la categoria del rispetto dei tempi. Al momento, infatti, come ci conferma anche Atac, sono soltanto 110 con altri 20 in attesa di collaudo, più del 40 per cento in meno di quanto promesso. Ma questo è il minimo: nonostante le smentite dell’Agenzia per la mobilità, che assicura l’utilizzo totale dei veicoli, sappiamo che parte di essi non sono messi in circolazione con ragioni pretestuose e già sentite in passato. La moda di tenere il vestito buono nell’armadio (stavolta nella rimessa di Tor Pagnotta) ricorre ancora una volta. «Ieri mattina - rivela Fabio Desideri, capogruppo Dc alla Regione - erano 43 i mezzi non in servizio. Tre settimane fa, martedì 4 luglio, i bus inattivi erano 40. La domenica, secondo alcune segnalazioni pervenuteci, la situazione peggiora: le vetture parcheggiate sono molte di più, mentre potrebbero essere utilizzate su altre linee, magari lungo altri percorsi a rischio dal punto di vista dell’inquinamento».
Intanto lunedì il Consiglio comunale, con un improvviso sussulto dopo un eterno torpore, ha approvato con 29 voti favorevoli un ordine del giorno in cui si chiede di «intervenire immediatamente, considerata anche l’emergenza caldo, affinché tutti i nuovi autobus a metano dotati di aria condizionata e acquistati dal Comune di Roma siano messi su strada, anche se non riverniciati». Ma come, davvero non li hanno ancora riverniciati tutti? Eppure il 24 febbraio scorso, cinque mesi fa, Atac aveva giustificato i già allora cronici ritardi nella messa in moto dei mezzi esclusivamente con la necessità di «allestire le vetture con la livrea stabilita dalla stessa azienda che ha recentemente presentato il nuovo logo e l’immagine coordinata aziendale». Lo ha sottolineato persino l’ex verde Monica Cirinnà commentando la mozione presentata in Campidoglio: «Ho notato - ha detto - che 290 dei 400 nuovi autobus a metano e dotati di aria condizionata non sono stati ancora consegnati.

Per di più nessuna delle 400 vetture riporta chiaramente la scritta che ne indica le caratteristiche. È fondamentale che vengano messi tutti a disposizione della cittadinanza». Ed è fondamentale che non si continui a ricorrere a ragioni poco credibili per giustificare esose politiche di cronica inefficienza.

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