Ferrante vuole una legge speciale per «creare» una città che già c’è

«Milano diventi la sede dell’agenzia dell’innovazione» Ma il provvedimento è già stato fissato dalla Finanziaria

Gianandrea Zagato

Bruno Ferrante vuole una legge speciale per Milano. E la vuole fatta su misura come quella concessa a Roma quando governavano Romano Prodi e Massimo D’Alema. L’aspirante sindaco del centrosinistra non spiega però un dettaglio: come possa questa legge «superare gli ostacoli burocratici che rallentano le realizzazioni delle infrastrutture milanesi».
Questioncina non da poco per Milano, dove si produce il dieci per cento del Pil e operano il quarantacinque per cento delle imprese straniere con sede in Italia. Bagattella che l’ex prefetto spera di risolvere dando vita alla lobby del centrosinistra ambrosiano, «chiedo ai parlamentari dell’Unione eletti a Milano un impegno forte e concreto per Milano e reclamo un confronto permanente per essere sempre presenti sui temi e le necessità cittadine». Desiderata che, Ferrante, declina con progetti e idee, dalla «realizzazione della Pedemontana» allo «sviluppo delle nuove linee metropolitane» passando attraverso «l’insediamento in città di un’Agenzia dell’innovazione».
Uscita, quest’ultima, che sorprende non poco deputati e senatori del centrosinistra: infatti, la Finanziaria 2006 ha già stabilito che Milano è sede dell’Agenzia per l’innovazione, quella che si occupa di favorire la diffusione delle tecnologie per sostenere la ripresa economica e aiutare le imprese a trarre vantaggi dai risultati della ricerca italiana per renderle maggiormente competitive. Ma l’ex inquilino della Prefettura è già oltre, lui pensa «in grande»: «Dobbiamo pensare a un impegno per una città più grande di Milano, per la città metropolitana» e vai con l’elenchino dei sogni e delle promesse, cultura in testa insieme al «rilancio della sede Rai e del suo centro di produzione» e alla questioncina della casa, «bisogna puntare di più sui contratti di quartiere». Come dire: di tutto e di più, anche sfidando il ridicolo. Ai lobbisti del centrosinistra - tra cui Gerardo D’Ambrosio, Vincenzo Visco, Emanuele Fiano, Roberto Zaccaria, Augusto Rocchi e Emanuele Baio - non resta che adeguarsi.
Ma, attenzione, con un’avvertenza: «Questo coordinamento permanente di confronto sarà poi aperto anche ai parlamentari del centrodestra per discutere con il futuro sindaco, qualunque esso sia, dei problemi e delle iniziative da intraprendere per la città». Sì, «con il futuro sindaco, qualunque esso sia». Annotazione di chi, evidentemente, crede ai sondaggi di Repubblica: dove Letizia Moratti è in vantaggio di tre punti sull’ex prefetto. E mentre Riccardo De Corato sostiene che la prova della mancata fiducia dell’Unione nella vittoria di Ferrante «è l’assenza dalla campagna elettorale a quindici giorni di tutti i leader del centrosinistra», l’ex inquilino di corso Monforte si lancia nell’ennesimo impegno «per risolvere il problema del traffico».


Ma non sa replicare alla domanda se intende o meno chiedere al governo di Romano Prodi la revoca dei poteri speciali dati al sindaco uscente Gabriele Albertini. Già, forse non sa nemmeno se dal governo di centrosinistra gli arriverà mai una legge fatta su misura.

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