Ferrovie, tariffe più care e soliti disservizi

da Milano

L’aumento delle tariffe ferroviarie che entrerà in vigore con l’anno nuovo è solo l’ultimo dei paradossi del disastrato mondo dei treni italiani. I pendolari - che dai nuovi ritocchi restano indenni - pagherebbero volentieri qualcosa di più per avere dei treni puntuali, puliti, affollati nei limiti della ragionevolezza. L’ultimo dei problemi delle Fs sono le tariffe che, seppure aumentate, non copriranno se non in maniera irrilevante le croniche voragini dei conti. Si calcola che gli aumenti porteranno ricavi per circa 90 milioni in più a un bilancio (parliamo di Trenitalia, la società del trasporto) che chiude il 2006 con una perdita di 1,7 miliardi. Il vero, autentico paradosso è che, con uno Stato che paga a piè di lista, la responsabilità contabile è praticamente inesistente e gli ultimi presidenti - Giancarlo Cimoli ed Elio Catania - hanno mostrato di essere veramente attenti soltanto ai loro emolumenti e alla loro buonuscita.
Lo Stato, ahimè, paga. Con l’ultima Finanziaria versa, senza batter ciglio, molti miliardi di euro, tra contributi in conto capitale, adeguamenti di corrispettivi delle Regioni, Alta velocità: è bastato che il nuovo amministratore delegato delle Fs, Mauro Moretti, richiamasse l’attenzione sul fatto che le ferrovie avrebbero anche potuto fallire... Quasi un ricatto.
Il costo dell’Alta velocità è quadruplicato in termini nominali, triplicato in termini reali. La ragione? «Semplice - spiega Marco Ponti, docente di Economia dei trasporti al Politecnico di Milano -. Quando tutti i fornitori sanno che tanto lo Stato pagherà, non stupisce che poi i conti lievitino e vadano fuori controllo». Dell’Alta velocità, avviata alla fine degli anni Ottanta da Lorenzo Necci, l’unica tratta entrata in esercizio è la Roma-Napoli, costata 5 miliardi di euro. Osserva Ponti: «Dopo un anno dall’inaugurazione la percorrono 14 treni al giorno: ma attenzione, non si tratta di solo traffico aggiuntivo, perché vi sono stati trasferiti anche passeggeri delle linee tradizionali. Ma sa qual è la capacità per cui la tratta è stata costruita? 330 treni al giorno!».
Il progetto dell’Alta velocità trova Ponti molto scettico. «Ci si sta riflettendo in maniera critica in tutto il mondo. La Madrid-Siviglia dopo dieci anni non ha ancora raggiunto il traffico che era stato previsto per il primo esercizio. In Francia funziona bene solo la Parigi-Lione, ma molte altre linee, costruite con investimenti spropositati, hanno deluso; e i livelli d’inquinamento e di congestione, che sono stati le motivazioni per spingere verso il traffico ferroviario, non sono diminuiti». E continua: «Tra Milano e Torino attualmente viaggiano 28 treni di lunga distanza. La nuova linea veloce, in corso di realizzazione, ha una capacità quotidiana di 330 treni. I documenti ufficiali prevedono che sulla Torino-Lione viaggeranno 12 treni al giorno. Allora mi chiedo: visto che gli investimenti sono colossali e gli utilizzatori pochi e per giunta di una fascia “affari”, perché questi costi deve pagarli lo Stato, e cioè la collettività? Non ci sono altre priorità più comuni a tutti i cittadini? Sono cifre che non si giustificano nemmeno sul lungo periodo, se ricordiamo, per esempio, che il tunnel sotto la Manica è fallito per due volte in meno di vent’anni a causa di un traffico inferiore alle previsioni...». Ma che futuro avrebbe l’Alta velocità...? «Guardiamo in faccia le cose: l’Alta velocità c’è già e si chiama Ryanair!».
Le ferrovie si reggono su un sistema di entrate che fa rabbrividire qualunque persona formata all’economia liberale. Gli investimenti sono tutti finanziati dallo Stato. Il traffico locale è finanziato dallo Stato, attraverso le Regioni. Sugli investimenti Rfi Spa, la società della rete, è esentata dall’obbligo degli ammortamenti «confermando che non è una Spa, ma qualcosa di diverso», rileva Ponti. I ricavi da traffico passeggeri e merci sono di circa 4 miliardi all’anno; lo Stato ne dà poco meno di altri 4 all’anno, in parte attraverso le Regioni, come sussidi di esercizio. Poi ci sono gli investimenti: altri 3-4 miliardi all’anno negli ultimi 10 anni. Se non bastasse, lo Stato - facendo felici sindacati e fornitori - paga ogni altro conto senza batter ciglio.
Moretti ha minacciato di portare i libri in tribunale? Ecco i soldi: la Finanziaria ha erogato 400 milioni in conto esercizio, 311 per adeguare i contratti delle Regioni, poi 6 miliardi (dilazionati in 15 anni) per l’Alta velocità e lavori sulle altre linee. In più, lo Stato si è accollato i debiti di 12,9 miliardi trasferiti da Ispa, Infrastrutture Spa, la società privata con la quale si volevano sottrarre quei conti al bilancio pubblico. Ma l’Europa ha detto di no, l’operazione era «furbetta» ed è stata ricondotta alla contabilità pubblica, con un serio impatto sul rapporto tra deficit e Pil: esattamente quello che non si voleva. Alle ferrovie (Rfi, la società della rete) resta la consolazione di essersi riappropriata della titolarità anche giuridica dell’Alta velocità, e con essa il futuro incasso degli affitti della rete, e della possibilità di accendere finanziamenti (stimati nell’ordine dei 6-7 miliardi).
Insomma, senza scomodare Andreotti e la sua celebre frase («I matti sono di due categorie: quelli che si credono Napoleone e quelli che vogliono risanare le Ferrovie») siamo di fronte a un mondo di colossali irresponsabilità, politiche, gestionali, contabili. Nel quale il denaro di tutti è di nessuno, e dove, per giunta, le dissennate politiche di allontanamento del personale hanno fatto perdere anche un grande patrimonio di competenze tecniche e organizzative.
Ma in Germania e in Francia, due tra i Paesi più confrontabili, le rispettive aziende ferroviarie sono in utile, e i tedeschi pensano addirittura alla quotazione in Borsa. Là i biglietti costano di più, anche il doppio rispetto all’Italia, ma il servizio è più efficiente e trasporta, in percentuale, molti più passeggeri, che sono in continuo aumento. In Italia sono stabili e il traffico ferroviario rappresenta solo il 4% del traffico su terra.
Anche i sistemi di incentivazione della qualità fanno acqua. Come la burletta delle multe delle Regioni.

Racconta Ponti: «Le Regioni pagano le Ferrovie per i trasporti locali, e infliggono delle multe alle Ferrovie se il servizio non è puntuale. Ma è una semplice partita di giro: perché le Ferrovie pagano le multe con i soldi dello Stato, che è lo stesso che sovvenziona le Regioni per pagare i trasporti locali». Insomma, paga sempre Pantalone.

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