6 giugno 1911-16 giugno 2011, Ibm festeggia i suoi cento anni. Nata come Computing-Tabulating-Recording (solo nel 1924 avrebbe assunto l'attuale denominazione), ha percorso un lungo cammino sulla strada dell'innovazione, costruendo la sua reputazione e i suoi successi su tre pilastri fondamentali: la leadership in continua trasformazione, reinventandosi e adattandosi continuamente ai cambiamenti; la tecnologia innovativa, perché da sempre Ibm è pioniera nella scienza dell'informazione; l'impatto sociale, perché Ibm, evolvendo, non ha mai mancato di anticipare e soddisfare i bisogni dei clienti e della società nel suo complesso, quello che viene definito il «making the world work better», ossia lavorare per rendere il mondo migliore.
«Il centenario non è solo una celebrazione del passato, dei risultati sin qui ottenuti. Noi lo interpretatiamo come occasione per riflettere, per conversare tutti insieme sul futuro - dice Nicola Ciniero, presidente e ad di Ibm Italia -: il successo di lungo periodo non può che essere il prodotto di un impegno e di una visione di lungo periodo. Dietro cui, naturalmente, stanno comportamenti e scelte precise come noi stessi abbiamo imparato. Un'organizzazione deve essere pronta a cambiare qualsiasi cosa di sé, tranne le convinzioni, i valori posti alla base della propria cultura. Questi devono restare immutabili». Analizziamo quali sono questi valori.
Una leadership in continua trasformazione: come e perché una corporation deve sapersi reinventare.
«La storia della Ibm può essere vista come un esperimento lungo un secolo, in cui abbiamo cercato di istituzionalizzare ciò che ci rende unici», commenta Ciniero. Ripercorrendo le tappe della storia di Ibm, si vede come questa abbia rappresentato, già dagli anni 50, uno dei primi esempi di azienda «multinazionale». Poi negli anni 80-90, la riduzione delle barriere commerciali e l'avvento di Internet, hanno imposto un nuovo massiccio ribilanciamento, tuttora in corso. L'attuale fase dell'integrazione globale richiede la rivisitazione del ruolo di ognuno nel complesso socio-economico. Ibm negli ultimi dieci anni è passata dall'essere una multinazionale «vecchia maniera» a impresa integrata a livello globale, realtà che oggi conta oltre 400mila dipendenti in 170 Paesi. Una strada faticosa che ha coinvolto l'elemento umano e anche la tipologia di offerta. A partire dall'uscita dal mercato dei pc e la decisione di puntare sui servizi.
Il ruolo della tecnologia come scienza e quello di Ibm pioniera della nuove frontiere.
In cento anni di storia, Ibm ha depositato più di 76mila brevetti - il primo risale al 25 luglio 1911- e nel 2010 la società ha centrato il record per numero di brevetti depositati negli Stati Uniti per il 18esimo anno consecutivo. Gli investimenti in R&S ammontano a oltre 6 miliardi di dollari l'anno. «La tecnologia incarna un ruolo molto più ampio delle singole scoperte, delle macchine che vanno e vengono diventando inevitabilmente commodity. Il ruolo dell'It è stato ed è più profondo: come scienza e come componente pervasiva del modo in cui il mondo funziona. A contare non sono i dettagli tecnologici, ma le implicazioni che queste determinano», osserva Ciniero. Ibm ora si sta preparando al futuro, con dispositivi di calcolo sempre più miniaturizzati, con macchine sempre più vicine all'intelligenza umana - come Watson - con un impegno costante per costruire uno Smarter Planet, un pianeta più intelligente.
L'impatto sociale: «making the world work better».
Il primato tecnologico della Ibm non sarebbe stato così determinante se l'utilizzo della tecnologia non fosse stato accompagnato da una visione «sistemica», in cui la tecnologia non è fine a se stessa ma interagisce con una realtà sempre in divenire. Nel corso dei decenni, i sistemi sono diventati sempre più complessi ed è emersa la necessità di valutarne e gestirne l'interazione non più o non solo in termini di efficienza ed efficacia, ma anche in termini di sostenibilità.
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