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La festa del Pd chiude in rosso Scaricabarile su chi paga i debiti

GenovaSalamelle e piadine non bastano più per far quadrare i conti e il Pd chiude l’estate con la cassa vuota. La festa nazionale che si è svolta a Genova nelle scorse settimane non lascia sonni tranquilli per il tesoriere del partito che deve fare i conti con un passivo da trecentomila euro.
Il giorno successivo alla chiusura della festa democratica gli organizzatori avevano sventolato dati sensazionali, calcolando in oltre un milione e duecentomila il numero dei visitatori che avevano girato tra stand, bancarelle e dibattiti organizzati dal partito nell’area del Porto Antico. Per la cronaca, la zona scelta strategicamente per la festa nazionale è quella di più grande richiamo turistico per la città: qui sono ospitati l’Acquario, il Museo del Mare, il Museo Luzzati ed altre attrazioni. In più uffici, negozi e attività aziendali che ne fanno un punto di passaggio per molti genovesi. Forse in quel conto sono finiti anche decine di migliaia di disinteressati alle attrazioni gastronomiche e pseudoculturali del partito, visto che il numero degli scontrini battuti tra gli stand si è fermato a centocinquantamila e che dal popolo del Pd, certo non si può pensare a ricevute non evase. Bottino magro e sotto ogni aspettativa, tanto che alla vigilia dell’evento democratico si stimava un guadagno intorno ai duecentomila euro. «Una festa si fa soprattutto per coinvolgere persone. Un ricavo lo avremo di certo, ma contenuto», diceva prima dell’inizio della festa il segretario della provincia di Genova Victor Rasetto. Previsioni sballate da quello che si dice a piazza De Marini, quartier generale dei democratici liguri, che stimano una perdita per l’organizzazione della kermesse democratica sopra ogni prospettiva.
Tanto che sembra essersi aperta una «vertenza» interna, tra la segreteria ligure e la direzione nazionale per capire chi deve versare il denaro mancante nelle casse del partito. Pare che la responsabilità stia a metà tra la direzione nazionale e il partito a Genova e che quindi siano gli organizzatori locali a dover tappare metà del buco. Qualche leggerezza nell’organizzazione di spettacoli e concerti con approssimazioni dei conti e dei possibili ricavi, così come i costi per l’ospitalità e la comunicazione. Ma ci si aspettava di più anche dai ristoranti distribuiti tra piazza Caricamento e l’Arena del Mare. Hanno fatto gola la cucina genovese e i sapori del mare, soprattutto nell’ora del mezzogiorno quando dagli uffici i lavoratori in pausa hanno fatto sosta tra i tavoloni della festa. Ma il resto non ha funzionato. Tutto ha contribuito al profondo rosso della festa del Pd appena sdoganatasi dal termine «Unità». Quella, vecchia maniera, riusciva a conservare il rosso solo come sfondo perché rendeva, eccome. I compagni andavano e non solo di passaggio.

Tra salamelle, piadine e ravioli si faceva cresta abbastanza per far quadrare i conti almeno fino al settembre successivo.

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