Fiat cade in Borsa (-7%) e Marchionne vola in India a trattare con Tata

Fiat cade in Borsa (-7%) e Marchionne vola in India a trattare con Tata

da Milano

Il tonfo delle azioni Fiat di ieri (meno 7% a 15,55 euro) riporta improvvisamente la quotazione del titolo molto vicina a quella di un anno fa (poco più di 14 euro). Da quel momento, però, le azioni torinesi iniziarono a crescere fino a raggiungere il massimo di 24 euro a luglio, a ridosso del lancio della nuova 500 e alcune settimane prima della presentazione dei dati del secondo trimestre, rivelatisi poi molto positivi.
A concorrere alla caduta del titolo è stata la situazione internazionale, con il petrolio a 100 dollari, il persistente spauracchio dei mutui subprime e, da ultimo, il calo delle immatricolazioni negli Usa (Ford meno 9,2% e Gm meno 4,4%) che ha costretto un gigante come Toyota a rivedere le stime sulle vendite (aumento dell’1-2% rispetto al 3% previsto) nel più importante mercato mondiale. Una decisione che ha originato non pochi timori tra i costruttori europei, tutti penalizzati nelle rispettive piazze finanziarie. «È difficile fare previsioni - commenta un analista -: da un punto di vista tecnico il quadro non è positivo e il trend ribassista potrebbe spingere il titolo Fiat fino ai supporti in area 13,50-14 euro».
Sergio Marchionne, intanto, ha le valigie pronte. La prossima settimana sarà a New Delhi per l’inaugurazione del Motor Show indiano, occasione che gli permetterà di incontrare il socio Ratan Tata ormai vicino all’acquisto di Land Rover e Jaguar da Ford. Subito dopo l’ad di Fiat partirà per gli Stati Uniti: destinazioni Detroit e Chicago, rispettivamente per visitare il Salone nordamericano dell’auto e partecipare alla riunione mensile con il management della controllata Cnh. Negli stessi giorni saranno palesi i dati sulle vendite di vetture in Europa. Già noto il risultato in Francia, dove nel 2007 Fiat Auto ha aumentato le immatricolazioni del 3,1%, confermando la quota di mercato del 3,5%. Per Marchionne, comunque, il 2008 è iniziato con non poche preoccupazioni. Dopo aver salvato il gruppo dal collasso, riportato il titolo da 4 a 24 euro, messo a segno operazioni finanziarie (la put option con Gm e la cessione delle quote Fiat alle banche del convertendo) che hanno fatto il giro del mondo, ora per il top manager i nodi vengono al pettine.
Alleanze da concretizzare. Il 2007 è stato un anno di annunci, ma adesso urge che dalle lettere d’intenti si passi ai fatti. Il 2010 è dietro l’angolo e ogni giorno che passa gli obiettivi di espansione in Cina (tramite Chery) e Russia (tramite Severstal) si allontanano. Nel suo imminente viaggio in India l’ad del Lingotto, oltre a definire l’avvio della produzione congiunta di cambi e motori nel Paese, dovrà anche chiarire con Tata per quale motivo i modelli Fiat vanno a rilento sul mercato indiano.
L’altro nodo da sciogliere riguarda la rinuncia italiana a realizzare in Sudamerica il pick-up insieme agli indiani. Anche possibili cooperazioni sulla vettura ultraeconomica Tata per i mercati emergenti, che sarà esposta a New Delhi, potrebbe rientrare nelle discussioni.
Il ritorno in Nordamerica. Passerebbe ancora da Tata il ritorno di Alfa Romeo negli Usa. Marchionne, infatti, attenderebbe che il ricco socio concluda l’acquisto di Jaguar e Land Rover da Ford per poter avviare sinergie industriali (utilizzo delle tecnologie relative a trazione integrale e posteriore, motorizzazioni da alto di gamma) e commerciali (la rete dei concessionari Land Rover è tra le migliori in Usa) con i marchi inglesi.
Rischio di un nuovo caso Nanjing. Lo shopping inglese di Tata potrebbe avere un rovescio della medaglia. Se da una parte garantirebbe know how a Fiat, dall’altra metterebbe in crisi l’organizzazione del gruppo di Bombay la cui carenza di manager è il tallone d’Achille. E come è successo per gli ex sposi cinesi di Nanjing, che alla fine hanno dovuto scegliere tra un futuro con Fiat e l’impegno a far rivivere il marchio Mg Rover, anche per Tata dover trattare con tre grossi interlocutori potrebbe rappresentare un problema.
Esordio affidato alla Junior. Per Detroit è in partenza una squadra di manager guidata da Luca De Meo, nuovo capo di Alfa Romeo. Oltre a mettere a punto il lancio della 8C Competizione, previsto a maggio (il modello, già esaurito come ordini, non sarà esposto al Salone), il team si occuperà di preparare le basi per il ritorno del marchio sul mercato. Sarebbe intanto la Junior il primo modello «forte» che riporterebbe Alfa in Usa. Seguirebbero 149, 159, 169 e più avanti, probabilmente, il Suv su base Camal (prototipo presentato anni fa ai Saloni).
La 147 a fine corsa. Alla fine dello scorso anno è stata presentata l’Alfa 147 Ducati, destinata a ridare vigore al modello più longevo del gruppo e particolarmente apprezzato dalla clientela estera. Lo stop, da lunedì, di due mesi della fabbrica di Pomigliano e il prossimo lancio della Junior mettono a dura prova l’ultimo periodo di vita della rinnovata gamma 147.
Manager con più «cappelli». A Luca De Meo la responsabilità di Alfa Romeo, Abarth e del marketing del gruppo, a Stefan Ketter l’incarico di sovraintendere a tutti gli stabilimenti del Lingotto (auto, trattori, camion, ecc), ad Alfredo Altavilla il compito di occuparsi delle alleanze internazionali oltre che di guidare Fiat Powertrain Technologies e così via: a Torino i manager del primo livello devono dividersi tra più situazioni.

Un compito non facile soprattutto per chi (è il caso di De Meo) ha tra le mani la patata bollente Alfa Romeo.
Il 24 gennaio il cda del Lingotto approverà i risultati del quarto trimestre e dell’esercizio 2007: i conti si preannunciano positivi, ma sarà già ora di voltare pagina.

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