Fiat, gli occupati crescono soprattutto all’estero

ALLARME In nove anni le officine di riparazione sono diminuite di oltre 14mila unità

Giorni caldi sul tema auto. Il 22 dicembre Sergio Marchionne presenterà a Palazzo Chigi il piano produttivo di Fiat Group Automobiles per l’Italia. Si saprà, insomma, in quali stabilimenti del Paese quali e quante vetture saranno realizzate. Sempre in quella data, inoltre, potrebbero esserci indicazioni sui progetti extra-auto riguardanti l’impianto di Termini Imerese dalla fine del 2011 (oggi per gli operai della fabbrica siciliana sciopero di 8 ore in occasione della manifestazione di protesta organizzata da Fiom, Fim e Uilm). Intanto, da uno studio della Confartigianato, che il Giornale ha consultato in esclusiva, emerge come, tra il 2004 e il 2008, la crescita dell’occupazione all’interno del gruppo Fiat sia stata del 23,1%, privilegiando però le fabbriche all’estero dove l’aumento dei posti (+29,4%) è risultato essere quasi il doppio rispetto agli impianti dislocati in Italia (+15,3%). Dati, questi, che saranno sicuramente oggetto di discussione alla vigilia del vertice romano tra governo, Fiat, sindacati e istituzioni.
Due i punti fermi dell’incontro: la richiesta da parte del ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, di portare la produzione di auto in Italia a oltre 900mila unità; la volontà dei sindacati di evitare che il baricentro dei siti produttivi (e quindi degli occupati) continui a spostarsi fuori dai confini. La Confartigianato, in proposito, sottolinea nel suo studio che lo scorso anno il 58,5% dei dipendenti del gruppo torinese operava all’estero: il 25,3% in Europa, il 21,7% nel Mercosur, il 6,2% in Nord America e il 5,3% in altre aree. Solo nel 2008, anno caratterizzato dalla crisi economica internazionale, il Lingotto ha aumentato l’occupazione del 7,1%, ma ancora una volta la quota maggiore ha riguardato l’estero (+7,8%) rispetto all’Italia (+6%).
E ancora nel 2008 circa il 76% dei ricavi netti del gruppo è stato realizzato all’estero. Quello della Confartigianato è uno studio che abbraccia anche altri temi: gli incentivi, gli aiuti di Stato, l’impegno nella ricerca e, proprio in questo ambito, la spesa di Fiat nell’ambito della ricerca e dello sviluppo «nel settore dell’automobile risulta all’ultimo posto tra le compagnie europee». In pratica, 3,3 miliardi di euro contro i 4,4 del gruppo Psa Peugeot Citroën, che precede gli italiani, e i 4,6 miliardi di Daimler.
A guidare la classifica è la Porsche (12 miliardi), seguita da Renault (6,1), Bmw (5,4) e Volkswagen (5,2). Tra il 1992 e il 1999, rileva la Confartigianato, l’industria automobilistica italiana è stata sostenuta dallo Stato per complessivi 2,816 miliardi di euro, davanti alla Germania che ha beneficiato di 1,111 miliardi in aiuti.

Lo spaccato sul settore prende in esame un altro tema spinoso, quello degli incentivi alla rottamazione (secondo la Confartigianato questa politica non risolve l’eccesso di capacità produttiva, «spiazza» altri consumi e spinge in avanti nel tempo le decisioni che portano a incrementi di efficienza nel settore), nonché le difficoltà in cui si dibattono le imprese artigiane di manutenzione e riparazione, diminuite tra il 2000 e il settembre 2009 di 14.668 unità, dunque con una diminuzione del 14,6%. Tenendo conto di una dimensione media di 2,5 addetti a impresa, tra il 2005 e lo scorso settembre si sono persi per strada 15.398 lavoratori.

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