da Milano
Pomigliano dArco e Termini Imerese, i due anelli deboli della catena produttiva di Fiat Group Automobiles, attendono di conoscere il loro futuro. Nel primo caso, proprio oggi i leader dei sindacati metalmeccanici, Gianni Rinaldini (Fiom-Cigl), Giorgio Caprioli (Fim-Cisl) e Tonino Regazzi (Uilm-Uil), affronteranno con i lavoratori dello stabilimento il futuro industriale della Fiat nellarea napoletana. Il sito, nel quale sono occupati 5mila addetti, è a un bivio. La strategia esposta da Marchionne non prevede più che a un singolo impianto debba corrispondere un determinato marchio (lAlfa Romeo nel caso campano). Il futuro delle fabbriche del gruppo sarà legato alle piattaforme. Perse in un colpo solo Junior e 149, rispettivamente destinate a Torino Mirafiori e Cassino, i prossimi saranno mesi difficili per Pomigliano che dovrà reggersi sulla gamma 159, verso un restyling, e i pochi numeri della Gt.
LAlfa 147, sul mercato dal 2000 e che continuerà a essere prodotta fino a metà 2009, subirà inevitabilmente il contraccolpo dellarrivo, il prossimo anno, della Junior (ci sarà una sorta di cannibalizzazione) e di altre concorrenti estere. Sulla linea della 147 sono impegnate, tra assemblaggio, verniciatura e lastratura, circa 2.100 persone, senza contare il peso dellindotto. Cosa pensa di fare Marchionne? Due le strade possibili: la cassa integrazione («ma il mercato accoglierebbe negativamente una mossa del genere», dice al Giornale un analista), il trasferimento temporaneo della manodopera in eccesso in altri impianti. «Entro lanno - osserva Giovanni Sgambati, segretario campano della Uilm - lad della Fiat deciderà dove allocare i prodotti futuri. Pomigliano è in condizione di partecipare allo sviluppo del gruppo. Cassino oltre a un certo livello non può andare, e la fabbrica napoletana oltre a candidarsi per il segmento D, ha tutti i numeri per supportare eventuali produzioni aggiuntive. Non dimentichiamo, infine, che Marchionne ha più volte assicurato il mantenimento dei livelli produttivi in Italia». Allinterno della fabbrica il clima è comunque piuttosto caldo, come testimonia Gerardo Giannone, segretario della sezione Fiat Pomigliano dei Comunisti italiani: «Serve una missione produttiva certa. La strategicità di Pomigliano nel gruppo Fiat non devessere messa in discussione. Di mezzo cè il futuro di migliaia di famiglie e delleconomia del Mezzogiorno». Atmosfera pesante anche in Sicilia dove la situazione relativa a Termini Imerese è a un punto morto dopo che Regione e Governo hanno messo sul tavolo 325 milioni per la creazione di nuove infrastrutture e il miglioramento di quelle esistenti, insieme a un piano per favorire loccupazione. Lamministratore delegato Sergio Marchionne ha però detto chiaramente, in più occasioni, di aspettarsi di più. Ma cosa e quanto, si chiedono a Palermo, non si è ancora capito. «Dopo gli incontri avuti la scorsa estate - spiega Giuseppe Incardona, direttore generale dellassessorato siciliano allIndustria - non ci sono stati più contatti. Da parte nostra è stato fatto tutto il possibile, rispettando i limiti imposti da Bruxelles. Siamo pronti a mettere in atto quanto stabilito. Aspettiamo solo un segnale da Torino. Questo silenzio ci preoccupa. Se la risposta ufficiale di Fiat alla nostra proposta fosse negativa posso solo dire che la Regione farà il possibile per difendere linsediamento produttivo, per mantenerlo e potenziarlo. Il problema, a quel punto, diventerà politico».
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